OFFICINE BUKOWSKI: band alternative/indie rock nata a Bergamo alla fine del 2016 da un’idea di Walter Viola – storico batterista della scena indie italiana – si caratterizza, nell’odierno panorama musicale italiano, per la capacità di combinare le sonorità ruvide dell’hard rock europeo alle più sottili ambientazioni di chiara ispirazione trip-hop. Il tutto, condito da quel giusto pizzico di melodia. Il mix, è un rock alternativo mai banale, sostenuto da ritmiche eclettiche ed incalzanti e da sonorità elettroniche vintage.
Le Officine Bukowski sono:
Debora Chiera – voce
Walter Viola – batteria e percussioni
Paolo De Feudis – chitarre
Carlo M. Fabbrini – basso
– Ciao ragazzi! Cominciamo dall’inizio: come nasce, appunto, il progetto Officine Bukowski? Ci raccontate la sua genesi temporale, dal 2016 ad oggi?
Bisogna dar merito a Walter che, in mezzo a molti musicisti ha cercato coloro che potessero sposare la sua voglia di fare e condividere il suo entusiasmo. C’è stato subito un legame con Debora e Carlo e dopo svariati provini la scelta di un chitarrista è finita su Paolo, si può tranquillamente affermare che è riuscito a mettere insieme una band di persone con esperienze e creatività molto diverse. Dopo qualche prova in saletta, ci siamo ritirati per 4 gg. nelle campagne del bresciano immersi nella natura nel buon cibo e vino ed abbiamo cominciato a comporre, subito sono nati 3 dei brani che ora si trovano nel disco, e dal lì in pochi mesi sono comparsi i restanti pezzi.
– “Il primo giorno d’inverno” nasce e si caratterizza come un viaggio di andata e ritorno dentro amore, rabbia e ancora amore e lo abbiamo ascoltato con grande piacere. Che tipo di viaggio è stato questo vostro primo album? E che genere di sensazioni sentite riaffiorare ora che, finalmente, ha visto la luce?
È indiscutibile che le liriche di questo disco sono nate dall’esigenza di Debora di scrivere per dare sfogo e senso ad alcune esperienze passate ed esorcizzare demoni che da un po’ la inseguivano, si parla di sconfitte e di vittorie e queste non finiscono mai nella vita, per questo si ha la sensazione di essere in movimento, non è un album stabile, ma una continua ricerca e a noi questo tipo di sensazione è piaciuta molto. La cosa interessante è che spesso musica e testi hanno combaciato alla perfezione oppure sono nati nello stesso istante. Ora che finalmente lo stiamo presentando nei concerti, riaffiorano alla mente i momenti fantastici che ne hanno caratterizzato l’energia ma anche le tante difficoltà che abbiamo dovuto affrontare e superare ed è qui che emerge la resilienza.
– Siete quattro artisti con, alle spalle, quattro differenti storie e 4 differenti percorsi musicali. Come siete riusciti a trovare il giusto equilibrio tra voi? E in quali difficoltà – semmai ve ne siano state, ovviamente! – vi siete imbattuti per raggiungere quell’alchimia necessaria a far funzionare al meglio il progetto?
Il giusto equilibrio è stato trovato durante il ritiro che abbiamo fatto all’inizio del progetto, 4 gg. chiusi in una taverna con una vetrata con vista sulla campagna, lontano da tutti, pensando solo a suonare mangiare e bere. Il risultato è stato ottimo. È chiaro che a volte bisogna mediare perché essendo tutti e 4 teste calde con esperienze molto diverse ci si scontra, ma se l’obbiettivo è unanime è solo questione di trovare il modo corretto di comunicare. A noi è servito molto anche sdrammatizzare e ridere, il resto è venuto da solo.
– Siete reduci dalla data “zero” del vostro primo tour (18 Novembre a Ranica, Bergamo ndr): sensazioni? Raccontateci, dai! Ed a seguire, dove potremmo ascoltarvi in futuro dal vivo?
Suonare al Druso di Ranica è sempre un’esperienza eccezionale, il locale è fantastico, l’acustica, l’impianto e il fonico sono ottimi, eravamo carichi a mille e la gente che c’era ci ha fatto sentire tantissimo calore che noi abbiamo restituito sotto forma di energia. È stato davvero un bel momento, si può dire che la tensione causata dall’emozione l’abbiamo scaricata suonando e si è visto perché il pubblico ha risposto in maniera incredibile. Le prossime date saranno il 30 novembre a Osnago presso ARCI La Lo.Co. e il 14 dicembre presso “Il Caravaggio” a Caravaggio, poi per le altre serata si inizia da metà gennaio e invitiamo tutti a seguirci sui social ( instagram FB ecc…).
– Tornando all’album, in questo primo lavoro vi siete avvalsi di numerose collaborazioni prime fra tutte quelle di Roberto Vernetti, Paolo Saporiti – cantante dei Todo Modo – e Gian Maria Accusani, chitarrista, voce e produttore dei Prozac+ nonché, oggi, membro attivo dei Sick Tamburo. Ecco, cosa hanno aggiunto questi grossi nomi al vostro sound…alla vostra musica, insomma?
Pur parlando sempre di indie rock, avere l’esperienza di Vernetti come produttore è stata ottima per dare un suono molto fresco al disco e renderlo più fruibile, in più abbiamo avuto la fortuna di poter collaborare con Paolo Saporiti che è un cantautore straordinario che ha la capacità di portare calma e benessere assieme ad un energia creativa e nei brani in cui è presente questa cosa si percepisce. Gian Maria Accusani è quasi un personaggio mitologico per noi, la maggioranza di noi è cresciuta a pane e prozac /sick tamburo, pertanto avere anche solo una traccia in cui c’è una breve incisione della sua chitarra ci ha gasato moltissimo.
– E, in ultimo, una curiosità d’obbligo: cosa ha a che fare il vecchio “Hank” (Charles Bukowski ndr) con voi? Quali sono, insomma, gli elementi che vi accomunano al celebre poeta e scrittore statunitense?
Bukowski era un personaggio sicuramente controverso, quando si parla di lui si può dire tutto e il contrario di tutto, poteva essere illuminato e poetico e subito dopo diretto, sfacciato e volgare senza mezzi termini, aveva un rapporto morboso con l’alcool e con il sesso, era un personaggio vero, al limite, era dedito ai vizi ma amava le virtù. Tutte cose che in una certa misura ci coinvolgono, inoltre se si ascolta con attenzione il nostro disco emergono questi controsensi. Concluderei dicendo che vuole anche essere un omaggio a questo personaggio così fuori dal comune e d’altra parte ,come fai a non voler bene ad uno scrittore che dice: “Tutti gli scrittori sono dei poveri idioti. E per questo che scrivono” ?
Intervista di Bruno Pecchioli