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Giuseppe D’Alonzo feat Elisa Sandrini. “Canzoni per chi” vive ancora di emozioni [INTERVISTA]

Giuseppe D’Alonzo appartiene alla quella schiera di Cantautori con la “C” maiuscola, in grado di stupire il pubblico con progetti sempre nuovi che scavano a fondo tra le emozioni, con delicata sensibilità. Ricordiamo ad esempio i più recenti singoli “Gravità” e “Fantasmi di Carta”, per arrivare oggi a “Canzoni per chi”, un brano che si rivolge a tutte quelle persone che vivono l’attualità pur non sentendosi parte dei social. Alla scoperta di un mondo interiore molto più importante.

– Buongiorno Giuseppe, come nasce l’idea per “Canzoni per chi…”?

Buongiorno a voi, grazie per lo spazio che ci dedicate.

Come sempre auspicabile per le canzoni accompagnate da video i messaggi dovrebbero essere molteplici, nel mio caso cerco sempre di non essere didascalico e di trasmettere con il video un messaggio diverso da quello che voglio lasciare con il brano musicale, anche se un filo conduttore, in genere c’è e lascio sempre all’ascoltatore il piacere di “scovarlo”.

Tornando alla domanda, il brano ha avuto una genesi inizialmente semplice che poi ha trovato una sua articolazione nel tempo. La genesi è una domanda che mi pongo da tempo, tutte queste canzoni, tutte queste informazioni, come vengono metabolizzate oggi? Abbiamo il tempo per emozionarci oppure le ascoltiamo tra un reel ed un altro? Ecco, volevo scrivere una canzone per quelle persone che cercano ancora l’emozione di una volta, non solo la condivisione, ma l’introspezione, non la perfezione ma l’unicità.

– E cosa vuol dire essere attuali oggi, pur non sentendosi social?

I social esistono, non sono un male, possono essere utili, ma come tutti gli strumenti possono essere dannosi se utilizzati nel modo errato. Come per tutte le tecnologie ognuno di noi dovrebbe saperle approcciare, conoscere, discriminare, valutare e così via, ma la vita reale è lì fuori…

Io amo viaggiare e non mi potete dire che si potrà viaggiare con il Metaverso, potremo affermare che per i meno fortunati che non possono viaggiare, con il Metaverso potranno avere esperienze di viaggio interattive, questo sì, e sarà una cosa bellissima ed utilissima, ma non si potrà limitare la libertà dell’uomo, perché se il futuro che ci aspetta è questo, cambiamolo, siamo ancora in tempo!

Quindi per tornare alla domanda, essere attuali pur non sentendosi social, secondo me significa proprio questo, conoscere, interessarsi, approfondire, studiare per saper scegliere e saper utilizzare, e soprattutto rimanere sempre in ascolto della propria anima per far fluire le idee senza farsi condizionare dalle migliaia di informazioni, vere o false, che riceviamo al minuto.

– E come possiamo convivere con le nostre emozioni… trattenerle come un prezioso tesoro dentro di noi, senza doverle necessariamente esternare?

Io sono dell’avviso che le emozioni vanno sempre ascoltate, metabolizzate e poi convogliate. A differenza dei bimbi, gli adulti hanno la possibilità di governare in parte le loro emozioni, ma non bisognerebbe mai reprimerle.

Non è detto che una emozione debba necessariamente portare ad una azione, ad una creazione o ad altro, può semplicemente essere goduta all’interno di noi stessi perché estremamente intima, ci soddisfa così e nutre la nostra interiorità. Oggi la società ci spinge a far emergere qualsiasi tipo di emozione, anche le più intime, sotto forma di reel, post, ecc… ecc… questo rischia di svuotare la nostra interiorità, per assurdo più postiamo più ci svuotiamo, non credete? Credo ci voglia equilibrio in tutto.

 – …E secondo te è possibile rinunciare alla “vita” social, o i social sono oramai indispensabili per essere al passo con i tempi?

Non sono indispensabili, ma a volte possono essere molto utili. Tra l’altro oggi c’è davvero tanta scelta. Siamo forse nella fase in cui l’individuo è divenuto più critico nei loro confronti. Credo sia finita quella fase che nell’intelligenza artificiale si definisce “Training del modello Machine Learning”, e adesso siamo già in una fase di inferenza che porterà ognuno di noi più o meno consapevolmente a scegliere il social più adatto alla propria indole, al proprio business, al proprio scopo, oppure a scegliere di non usarli affatto, l’importante è poter ancora scegliere!

– Parlaci della collaborazione con Elisa Sandrini.

Con Elisa c’è stato subito feeling artistico e umano. È una grande professionista, sia a livello vocale che strumentale, la fisarmonica era perfetta per questo brano, non potevo chiedere di meglio. Lei ha tirato fuori anche quell’assolo che mi ha subito rapito, poi il resto lo potete sentire voi stessi.

– Nel videoclip abbiamo Roma come sfondo, perché questa città?

Un po’ per scherzo chiediamo a voi, ascoltandola oggi, dalla melodia, dagli strumenti presenti (chitarre, fisarmonica, viola, contrabbasso, pianoforte), dal testo, dalla produzione con assenza di elettronica, in quale anno la collochereste?

Secondo noi è un brano senza tempo, almeno questa è la sensazione che hanno avuto tutti, tecnici e non, durante la produzione, e per questo quale città migliore per ambientare il video di una canzone che non vuole collocarsi su di un orizzonte temporale preciso?

– Ci ha incuriosito molto il “pesce rosso”. Vuoi raccontarci qualcosa su questa presenza nel video? Cosa simboleggia nel contesto della canzone?

Qui arriviamo al secondo messaggio che volevamo lasciare con il brano, questa volta con il linguaggio visivo.

Protagonista del video, insieme a noi due è Matisse, il mio pesce rosso, che prende il nome dall’autore del famoso quadro “I Pesci Rossi”. Poco più di un secolo fa chi ritraeva questo soggetto era un impressionista e il risultato è un quadro meraviglioso.

Nel mondo degli algoritmi e dell’intelligenza artificiale la nostra artista alienata di fronte allo stesso soggetto ritrae le traiettorie che il pesce rosso compie nella boccia.

Vorremmo quindi che a chi guardasse il video rimanesse in testa questo concetto: rischiamo di perderci tutta la bellezza del mondo che ci circonda, semplificandolo invece di apprezzarne la smisurata complessità. Ci focalizziamo sulle traiettorie del pesce rosso, mentre Matisse con il suo quadro “il Pesce Rosso” ci ha mostrato una esplosione di colori, la natura filtrata dagli occhi di un impressionista con un bel cervello umano creativo che ne ha colto una sfaccettatura secondo la sua sensibilità del momento, non di un freddo algoritmo di AI.

Ci tengo a precisare che Matisse è rimasto nella boccia per i soli tre minuti della ripresa, vive in acquario rettangolare bello ed adeguato.