Marco Sanchioni è un artista, cantautore, marchigiano di lungo corso con all’attivo diversi album di sicuro interesse. Mai scontato o banale, affronta con piglio tematiche sociali importanti dal suo punto di vista, come osservatore “sincero” e schietto della nostra epoca e delle nostre trasformazioni. Un artista che potremmo definire controcorrente: tra passato, presente e futuro. Che riecheggia come la buona vecchia tradizione cantautorale italiana, quella più genuina e colta, che ha fatto la Storia della musica italiana.
Parliamo con lui del suo passato, ma soprattutto del suo futuro. Della sua ricerca spirituale e del rapporto con se stesso, alla scoperta del suo mondo… in attesa del nuovo album previsto a breve.
– Buongiorno Marco, benvenuto sul nostro magazine. Partiamo subito parlando di te e della tua carriera. Quando nasce la tua passione per la musica? E quali sono state le tue prime esperienze?
Buongiorno a tutti! Fin da bambino ascoltavo musica, un po’ alla radio, un po’ in tv ed un po’ con il mio mangiadischi (a cui ho dedicato pure una mia canzone contenuta sul mio secondo album). Il mio primo idolo d’infanzia fu Claude François, noto cantante francese, come dire da noi Gianni Morandi, conosciuto quando andavo con i miei genitori a trovare mia nonna a Parigi, la quale era solita regalarmi i vari singoli del mio beniamino d’oltralpe, alcuni dei quali ancora conservo. Vista la mia vocazione al canto, ebbi modo di partecipare a dei festival canori locali, talvolta pure vincendo. Quelle furono le mie prime esperienze su un palco.
– Con quali band hai suonato?
Ho fondato nel 1986 gli A number Two, e sono rimasto assieme a loro fino al 1991, avendo all’attivo due demo ed un EP per l’etichetta romana High Rise. Da lì ho intrapreso il mio percorso solista, cominciato con un demo pubblicato nel ’92. Nel frattempo ho anche suonato le percussioni con “Gli Ossi” di Urbino, una bizzarra band d’ispirazione folk irlandese.
– …E come è nata, poi, l’esigenza di esprimerti come cantautore solista?
Direi per l’esigenza legata ad una questione intima, personale. Ma anche perché sentivo forte la voglia di scrivere i miei brani in italiano, ispirato dalla riscoperta dei cantautori nostrani e che inizialmente facevo fatica ad abbinare ad un suono musicale vicino al rock, aspetto che ho sviluppato col tempo. Posso dire che il primo esperimento in questo senso fu “Il ballo dei nuovi ubriachi”, brano a cui sono molto legato.
– Come ci dicevi hai alle spalle tanti anni di esperienza. Raccontaci dei tuoi album.
Ogni album ha una storia a sé, anche se a loro modo uniti da un filo conduttore che mi sento di ricondurre in primo luogo al raccontare un po’ me stesso nelle mie canzoni e nello stile musicale, sempre venato da un certo rock americano ed inglese anni ’80/’90. In certi casi è passato tanto tempo tra l’uscita dei miei dischi, ad esempio ben 10 anni tra il primo e secondo album. Non ho comunque mai smesso di scrivere, spesso tenendo nel cassetto brani che poi sono riemersi in lavori più recenti.
– Quali ti sentiresti di consigliare ai lettori? E perché?
Quando scrivo e poi sono in studio cerco continuamente la cura della composizione, oltre che degli arrangiamenti e dei suoni; sono aspetti che ritengo permeino un po’ tutti i miei lavori. Detto questo suggerisco ai lettori l’ascolto degli ultimi due album, “La pace elettrica” e “La riscossa del cuore” a mio parere i miei due lavori meglio riusciti e più maturi.
– La tua musica è pervasa di messaggi, e si avverte la volontà di chi desidera esprimersi in piena libertà, senza filtri. In tal senso, ti senti un artista controcorrente?
Mio malgrado credo di esserlo sempre stato, poiché faccio enorme fatica a scendere a compromessi. Questi sono aspetti del proprio carattere che si pagano, soprattutto in ambito artistico sul piano della popolarità e della visibilità. Per controparte però ritrovi una libertà di espressione che ti dà modo di non rendere conto a nessuno.
L’ultimo mio lavoro, ad esempio, “La riscossa del cuore”, muove più di una critica, non esplicita ma comunque comprensibile, verso gli ultimi anni da tutti noi vissuti riguardo le varie restrizioni per quello che hanno chiamato “pandemia da Covid 19”. Da artista sotto contratto non avrei probabilmente potuto pubblicare un disco del genere, considerato anche che un po’ tutti gli artisti più noti e visibili si sono allineati al pensiero unico del mainstream. Da artista totalmente indipendente ho fatto l’album come volevo e l’ho pubblicato.
– …In passato essere antitetici rispetto ai sistemi precostituiti faceva parte dell’impegno “sociale” di molti artisti. Anzi, venivano criticati, quegli artisti considerati “frivoli” che questo impegno non lo avevano. Invece, attualmente, siamo pervasi da musica commerciale, tutta molto simile, e senza alcuna traccia di impegno
civico o sociale da parte degli interpreti, propensi unicamente ai consensi Social. Cosa ne pensi?
Direi che la domanda contiene già in parte la risposta; c’è tanta musica in giro, oserei dire, senza anima, pronta solamente a raccattare consensi e like sul web, Anche se ritengo che l’impegno sociale o anche politico a cui si fa riferimento dubito che ritornerà, è un aspetto che vedo molto relegato ad un certo periodo storico, quello degli anni ’70. E comunque se vogliamo parlare di rivoluzioni, l’unica rivoluzione possibile rimane quella interiore, il moto della coscienza e dello spirito che ci porta a vivere e a fare le giuste scelte. Oltretutto a prescindere dagli impegni artistico-sociali di qualsiasi artista, credo che l’arte in generale dovrebbe sempre e comunque fare riflettere, muovere lo spirito di chi ne fruisce. Con la maggioranza delle cose che circolano, in musica nello specifico, questo non mi pare stia avvenendo.
– Buttiamo ora un occhio oltre la siepe. Stai lavorando a nuovi progetti? Cosa c’è all’orizzonte?
Sto ormai da tempo lavorando su il mio sesto album e proprio in questi giorni sto missando alcuni brani. Per questo disco ho già in programma due singoli e dunque sto lavorando ai rispettivi due video.
– Bene, e puoi anticiparci qualcosa su questo nuovo album?
È un disco che andrà a toccare ancora maggiormente l’aspetto spirituale più intimo, a tratti in maniera forse brutale, in altri tratti in modo più delicato. E per “spirituale” non intendo riferirmi a religioni o culti, ma ad lettura interiore di me stesso dove spero gli ascoltatori possano riconoscersi.