Oggi esce “Nomadi dentro”, ultima fatica della band emiliana, scritto insieme a Emilio Munda, produttore e autore di alcuni dei principali artisti nostrani, attivo ormai da un decennio. È proprio da lui che ci facciamo raccontare quello che succede dietro le quinte della creatività musicale del nostro paese.
– Sappiamo che sei autodidatta e polistrumentista. Puoi parlarci dei tuoi inizi nel mondo musicale?
Rispondo a questa domanda sempre dicendo che la mia aspirazione primaria era di diventare un batterista. Negli anni poi avendo genitori e parenti musicisti, ho deciso di imparare da autodidatta a suonare pianoforte, tastiere, chitarra acustica, elettrica, basso e a cantare. Piano piano sono divenuto polistrumentista e ho deciso di provare a scrivere e arrangiare canzoni mie. Ricordo nel 2007 iniziai a cercare contatti su internet, passavo intere giornate davanti al pc alla ricerca di email a cui inviare i mie brani. La prima a ricevere le mie canzoni fu Silvia Mezzanotte tramite “Myspace”. Dopo averli ricevuti decise subito di venire nel mio studio per inciderli. “Non c’è contatto” divenne il singolo più importante del disco e il brano “Ma il buio” fu utilizzato come brano di apertura di ogni concerto del “Lunatica Tour”. Continuai la mia ricerca e scrissi nel 2008 il singolo “Cerco ancora te” per Umberto Tozzi, arrivando ad un contratto di esclusiva con Francesco Renga nel 2010 per il quale lavorai come autore e compositore. In ultimo ho firmato quindi l’esclusiva con la SugarMusic di Caterina Caselli, arrivando a scrivere per altri artisti completamente diversi tra loro come i DearJack, Michele Bravi, Gemelli Diversi, Nina Zilli e i Nomadi.
– Qual è il tuo approccio all’arrangiamento e alla composizione? Cosa ti guida o meglio, com’è la giornata (o la procedura) tipica di una lavorazione a un brano?
Le canzoni migliori nascono da sole, nel momento in cui meno te l’aspetti.
Non c’è una metodologia precisa tipo “catena di montaggio” industriale, a volte una canzone può nascere da un giro di chitarra che stai suonando per caso, o da un riff di piano. Altre volte nasce una melodia spontanea nella testa. Testo e melodia cerco di inserirle spesso di pari passo, il risultato paga sempre. Nel momento in cui ho individuato la giusta struttura della canzone inizio a gettare le basi dell’arrangiamento, cercando il giusto Bpm e quindi la ritmica. Al termine dell’arrangiamento, si lascia decantare il tutto per riascoltare a mente fresca in momenti diversi, possibilmente con l’attenzione di qualche amico super critico.
– Alcuni pensano che ci siano sempre delle progressioni di accordi (per dirla da profano) o delle indicazioni “magiche” (e commerciali) che funzionano sempre per ogni canzone, per portarla al successo. Tu quali pensi che siano (se ce ne sono)? Senza svelarci i tuoi segreti, naturalmente…
La mia visione è differente, anzi credo che girare sempre intorno alle stesse sonorità porti rigorosamente i cantanti a screditare i lavori sottoposti. Bisogna immedesimarsi nell’artista, guardare cosa ha già proposto alla discografia e senza snaturare il suo stile, ma anzi valorizzandolo, ci si debba sforzare di attualizzarlo. La sfida continua è creare qualcosa di originale, come un vestito perfettamente in linea con la forma vocale e stilistica dei cantanti.
– A oggi com’è la pressione quando si lavora con (e soprattutto al servizio) di grandi nomi come quelli con i quali sei abituato a lavorare? Senti la responsabilità di un lavoro molto importante e delicato, e di un futuro a volte, che viene messo completamente nelle tue mani?
Quando si inizia a lavorare in questo campo non si riflette sulle conseguenze che le opere musicali possono portare all’interno della discografia. Chiaramente andando avanti negli anni, le critiche che ti colpiscono direttamente iniziano a farti riflettere sulla responsabilità che ti viene affidata. Per questo si cerca di abbinare oltre ad un prodotto originale, anche un prodotto di qualità. Ci sono delle opere che non passano “il test di qualità” che io stesso faccio ai miei brani dopo averli riascoltati in modo critico. Quegli inediti non escono dal mio studio.
– Si parla sempre di crisi musicale (anche quando non se ne vede l’ombra). Pensi che oggi ci sia meno creatività o meno musicisti che vogliono mettersi alla prova?
Circa la cosiddetta crisi, spesso si sposta l’attenzione sul problema degli autori meno creativi rispetto a quelli di un tempo, delle canzoni meno belle, dei cantanti meno bravi fino ad arrivare ai talent. Vorrei invece convergere sulla vera difficoltà del pubblico attuale di comprendere la qualità di un disco. Questo porta maggiormente ad un calo di acquisti.
C’è chi ascolta la musica dalle fonti più disparate quali telefonini, tablet, pc portatili con una qualità audio imbarazzante. Un tempo si trattava la musica in modo diverso, non in modo frettoloso, ci si dedicava il tempo che meritava, non ci si cura di ascoltare tutte le sfumature di un CD su un buon impianto. Internet ti propone musica veloce, da scaricare nell’immediato e consumarla ancora più velocemente. Questa dal mio punto di vista è la vera crisi discografica del nostro periodo. Se non si gusta un buon prodotto, non si ha neanche l’esigenza di acquistarlo.
– 3 canzoni che hai nella playlist del tuo lettore mp3.
Fix You (Coldplay), Extraterrestre (Eugenio Finardi), Happy (Pharrell Williams).
– Quali sono i prossimi progetti ai quali lavorerai?
Sto lavorando a qualche brano per il prossimo Sanremo, ma al momento non c’è nulla di stabile. Le cose cambiano in continuazione, per cui si lavora e si spera in qualche buon risultato.
– Un’ultimissima curiosità. Se non avessi fatto questo lavoro, cos’avresti fatto?
Forse avrei aperto un negozio di dischi, con una bella sala di pronto ascolto.
Andrea “Dek” De Cunto
Foto: su concessione dell’Artista