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I Ministri: da Berlino al tour di Cultura Generale. L’intervista a Davide “Divi” Autelitano

La premessa di questa intervista non sarà una biografia del gruppo, credo sia superfluo presentare i Ministri a dieci anni di distanza dal loro esordio con I soldi sono finiti, nel novembre del 2006.

Se veramente non avete mai sentito parlare di loro, l’unica cosa che posso dirvi è di uscire dalla vostra campana di vetro e cominciare ad ascoltarli. Se  al contrario siete loro fan sono sicura che non avrete alcun bisogno di un ripassino di storia e potrete leggervi in tutta tranquillità l’intervista fatta a Davide “Divi” Autelitano sui divanetti del  backstage del Rockin’ Cura di Vetralla  (VT). Enjoy!

Per incidere Cultura Generale siete volati a Berlino, avete lavorato con Gordon Raphael e avete registrato negli studi della FUNK HAUS, ex radio di stato della Germania Est. Un sacco di cose fantastiche tutte insieme! Come è stato lavorare in quell’ambiente?

È stato estremamente stimolante. Io invito chiunque passasse per Berlino a visitare quegli studi, che in realtà non sono degli studi, ma un vero e proprio impero televisivo e radiofonico che è decaduto e che è stato occupato, prima abusivamente e poi regolarmente da soggetti che hanno creato la realtà di uno studio di registrazione. Se uno ha proprio a che vedere con la musica sono qualcosa di unico e veramente stimolante. Berlino è una città che dà tanti stimoli non solo per la storia che ha alle spalle e che può raccontare, quanto per le grandi rivoluzioni culturali e musicali in particolare. Grazie a tutto questo sentirsi parte di questa storia anche nel nostro piccolo è stato facile e ci ha dato tanto. Inoltre avere Gordon Raphael lì a monitorare ha arricchito ulteriormente questa esperienza.

Immagino anche per il bagaglio lavorativo che ha portato con sé…

Ah, ovviamente!

Cos’ha di diverso Cultura Generale rispetto ai vostri dischi precedenti? In particolare cosa lo discosta da Per un passato migliore?

Ti posso dire che già Per un passato migliore avevamo fatto un disco che voleva discostarsi un po’ da un certo tipo di approccio che avevamo musicalmente, c’è stata una sorta di ricerca di una musica cercasse di scardinare questo modo che avevano i Ministri di dover parlare sempre avendo della gente davanti. Abbiamo tolto un po’ dell’aspetto generazionale della scrittura. Degna conseguenza di ciò è stata che questo disco parlasse magari un po’ meno alla gente, ma parlasse più di noi come musicisti e della nostra voglia di scrivere canzoni  in quanto amanti della musica. È un disco che infatti cerca un po’ uno spirito autorale molto più intimo e meno legato all’amore che la gente ha verso la propria rabbia. Non sempre la rabbia è il veicolo giusto per comunicare cose che magari sono anche rabbiose.

Con questa affermazione avvalori esattamente quello che penso anche io, questo disco manifesta una visione più introspettiva e meno critica verso ciò che accade fuori. Ormai sono più di dieci anni che calcate le scene, tra tour e concerti e credo che anche questo abbia influito.

Infatti è stato anche questo in parte, la decade di esperienza che abbiamo alle spalle.

Quindi l’esperienza vi ha portato ad esternare di più quello che c’era dentro di voi?

Ci si sente vecchi e quindi c’è l’esigenza di rincorrere un po’ più di saggezza… questo non significa però che da adesso in poi diventeremo dei vecchi bacucchi boriosi a livello compositivo, però c’era l’esigenza anche di abituarsi a concepire una struttura diversa. Anche perché anche i nostri ascolti nel tempo sono cambiati rispetto a quelli di dieci anni fa. I nostri riferimenti cominciano a essere molto più nazionali e meno internazionali, anche se il nostro approccio è sempre qualcosa di più internazionale come senso estetico. Di fatto però cominciamo a sentire un po’ il peso di una storia musicale nazionale, abbiamo cominciato a conoscere meglio autori che sono eminenze nella storia della musica italiana, abbiamo anche cominciato a capirli meglio. Posso citarti Lucio Dalla, Tenco, Battisti, Giorgio Gaber, Ivano Fossati.

Dunque il vostro background agli inizi era quasi praticamente solo estero?

Praticamente si. Rage Against The Machine su tutti. Poi io personalmente sono stato sempre molto più anglofilo e molto meno americano, ma sicuramente si parla di musica d’oltralpe, non di musica italiana. Posso dirti che fino a questo momento non avevo mai amato neanche il rock italiano.

Dunque una crescita da tutti i punti di vista.

Assolutamente.

Ormai è un anno circa che è uscito Cultura Generale, avete fatto promozione e lo avete portato in tour. Ora avete qualche altro progetto da sviluppare, come magari tornare in studio? O vi prenderete un periodo di riposo?

Per come gira la musica oggi diventa quasi una cosa inevitabile, se ci si perde anche solo per un instante per come va la musica adesso sei perduto del tutto. Purtroppo la musica non è più un qualcosa che ti da così tanto, anche dal punto di vista delle risorse per poter approfondire più di tanto quello che è la ricerca di te stesso per poter aspettare il momento opportuno. Oggi bisogna vivere la musica anche come una vera propria professione, perciò sicuramente finito questo tour non ci fermeremo. Poi ritorneremo a lavorare sulle canzoni, anche perché questo anno passato in tour ci ha dato tante esperienze e tante emozioni che varrà sicuramente la pena trasporre in musica. Non vorremo che questa cosa si perdesse nel tempo.

Quindi volete sfruttare questo bagaglio emotivo a mente fresca?

Si, perché poi quando uno si distacca troppo da queste esperienze finisce che diventa più difficile rievocare le sensazioni che hai vissuto.

Rimanendo in tema di nuovi progetti, tra gli esponenti della nuova scena musicale italiana con chi vi piacerebbe poter collaborare?

Nuovi nuovissimi?

Non necessariamente…

Allora, intanto vorrei citare i ragazzi che si esibiranno stasera prima di noi, che sono i La Notte, nostri cari amici con i quali abbiamo condiviso molti palchi in questo tour. Loro ovviamente stanno facendo il loro primo tour, che è quello massacrante, tutti i giorni dentro un furgone avanti e indietro per l’Italia. Mi regalano tanti ricordi, perché anche io ho ben presente come funziona certa roba. Loro li cito volentieri.

Occupandomi di una rubrica letteraria chiedo sempre agli artisti di suggerire un libro ai miei lettori, a voi – sotto suggerimento della mia cara amica e collega Laura Di Francesco – vorrei chiedere il personaggio di un libro che vi rappresenta maggiormente.

Io un po’ anche perché alla fine è stato anche l’ispirazione della canzone Gli alberi  ti dico Cosimo Piovasco de Il barone rampante di Italo Calvino. Assolutamente. Perché in quel momento, quando scrissi la canzone, ricordo che il suo era un modo di combattere come si dovrebbero affrontare oggigiorno le battaglie. Non dico con l’ascetismo del salire davvero sugli alberi, ma di combattere più con i segni  piuttosto che con le parole o con le grida. Bisogna combattere con dei gesti che lascino il segno, ecco i gesti per me sono le cose che fanno vincere le battaglie sul serio.

Questo è molto bello. Voi avete aperto in passato un concerto dei Coldplay , più recentemente quelli dei Pixies e degli Editors e siete anche stati ospiti di un grande festival come lo Sziget in Ungheria. Come ci si sente in queste occasioni?

Di quale vuoi che ti parli? Di quello dei Coldplay o dell’Ungheria? Perché sono successi in tempi molto lunghi e distanti. In Ungheria è stato un concerto dei Ministri, in un posto molto strano in un contesto in cui per la prima volta ci sentivamo valorizzati per davvero per la musica che facevamo, soprattutto avendo un pubblico davanti che era molto entusiasta di averci lì, essendo poi loro stessi italiani. Non è stato un vado a sostenere l’italiano, ma vado a sostenere la musica che mi piace nel posto giusto. Suonava così.

Con i Coldplay invece eravamo i Ministri che erano capitati per caso in una situazione che era palesemente più grande di noi, eravamo cagatissimi, reduci da altre due date quindi quella era la terza data di fila. Ci siamo trovati di fatto alle sette di sera con l’apertura dei cancelli a vedere un’orda barbarica che si schiantava verso la prima fila per accaparrarsi la transenna e i posti migliori, e ad attenderli noi con gli strumenti in mano. È stato tutto piuttosto strano, anche i miei ricordi sono abbastanza fumosi. Sicuramente è stata una roba che non dimenticherò mai.

Dimmi una canzone che rappresenta i Ministri in tutto e per tutto, possibilmente non vostra.

Ciumbia! Ti direi Bulls on parade dei Rage Against The Machine, più che altro per il titolo.

Ultima domanda: cosa vi ha convinto dei ragazzi di Rockin’Cura ad esibirvi qui?

Sicuramente perché queste sono zone che sono a cavallo tra la realtà toscana e quella laziale che però è molto monopolizzata da Roma città, quindi l’obiettivo è cercare di essere sempre più capillari. Riuscire ad arrivare in un posto come questo sapendo che della gente si è fatta un così detto “mazzo quadro”  per portatrici diventa quasi un dovere e non solo quello. Spesso i concerti gratuiti vengono sottovalutati, mentre invece i concerti gratuiti sono fondamentali in un paese come l’Italia, perché è l’unico modo che può portarti persone che non ti dico che non abbiano risorse per pagare un biglietto, ma alle quali puoi veicolare la musica in una maniera molto più veloce. E perché no convincere qualcuno, portare qualcuno a vedere qualcosa di diverso senza che ne abbia per forza un cosiddetta adorazione di fondo. Alla fine la musica è qualcosa che si va a sentire, indipendentemente dal fatto se questa cosa la conosco già o meno. Di fatto si va al cinema non sapendo esattamente cosa si va a vedere!

Divi, ti ringrazio tantissimo.

Grazie mille a te!

Francesca Romana Piccioni