Ci sono ascolti e “Ascolti”. Si, perché ci sono dischi che vanno metabolizzati coi giusti tempi e che richiedono, magari, una frequentazione a più riprese e ci sono dischi, invece, che ti arrivano d’impatto. Con inspiegabile potenza, persino. E, questo, fin dal primissimo ascolto.
E Giovanni Truppi – dotato polistrumentista, nonché autore e cantante per palati finissimi – ed il suo neonato “Poesia e Civiltà“, primo album in uscita per Virgin Records (Universal Music Italia), rientrano decisamente in quest’ultima tipologia.
Si, perché mano a mano che ogni singola traccia dell’album si svela al nostro orecchio attento non si può fare a meno di notare di essere al cospetto di un’opera dall’ elevato spessore artistico e letterario. Un lavoro che si posiziona ampiamente al di là del più recente, italico, cantautorato. Con 11 brani (registrati per la maggior parte negli Stati Uniti ndr) che, definire semplicemente “canzoni”, può suonare talmente banale e riduttivo da paventare la concreta possibilità di sminuire un’opera certamente complessa, pur nella sua cristallina semplicità.
Semplicità. Ecco, sì. Questa, forse, la vera e propria cifra stilistica di un uomo capace di tagliare il traguardo dei cinque album puntando, con certosina coerenza, su parole forti, dirette, adoperate però coscientemente e, soprattutto, senza mezzi termini.
Un disco che, cercando di narrare alcuni fra i temi cardine della nostra società raccontandoli, però, in chiave decisamente moderna, richiama senza dubbio alcuno importanti riferimenti ai gloriosi cantautori del nostro recente passato (De Andrè, Conte e Battiato su tutti ndr).
“Poesia e Civiltà” è, insomma, un dono ambito e quanto mai inatteso. Un regalo che conferma l’importante ruolo dell’artista napoletano nell’attuale panorama musicale. Sì perché, da perfetto artigiano della musica quale realmente è, Giovanni dimostra, con questo importante lavoro, di appartenere di diritto a quella ristretta schiera di cantautori che, piuttosto che inseguire e cavalcare l’onda dei consensi e delle celebrazioni destinate a durare il tempo di una storia su Instagram, decidono consapevolmente di ritagliarsi tutto il tempo necessario per riflettere, curare, sperimentare e quindi perfezionare al meglio quella formula capace di far così bene coesistere testi e melodie.
La scrittura di Truppi è densa. Ovviamente classica ma contemporanea al tempo stesso. Coi testi degli 11 brani che, spaziando dalla politica, all’amore, alla droga, ci raccontano di sentimenti delicati, tenui ma, soprattutto, mai urlati né banalizzati.
Insomma, chi come noi ha avuto (o ha) la fortuna di imbattersi nell’ascolto delle liriche di Giovanni Truppi, sa benissimo che, tale esperienza, non si esaurirà certamente nel classico ascolto. No, perché, chi ascolta Giovanni non fa solamente questo. Chi ascolta Giovanni, in realtà lo “vive”. Ed è proprio questo il punto su cui vale la pena di soffermarsi a riflettere.
Bruno Pecchioli