Scorbutici, duri da digerire, politici e scattanti, in poche parole i Voina Hen sono tornati a raccontare con il loro stile la generazione perduta dei millenials.
Ivo Bucci e co. riescono a tirare fuori un disco molto incisivo, dal ritmo indiavolato, pieno di rabbia e sconforto, ma allo stesso tempo farcito di un’ironia che appartiene alla loro poetica sin dal primo album.
Sostanzialmente il disco è un insulto alla società, un vomitare odio costruttivo verso un concetto di sociale troppo scomodo e poco reale.
La bellezza della filosofia dell’insulto, raccontata da Ivo anche nella nostra intervista, si può trovare, facendo un paragone letterario molto elevato, in un testo del Re Lear di Shakespeare: “What a brazen-faced varlet art thou, to deny thou knowest me! Is it two days ago since I tripped up thy heels, and beat thee before the king? Draw, you rogue: for, though it be night, yet the moon shines; I’ll make a sop o’ the moonshine of you:draw, you whoreson cullionly barber-monger, draw/ E tu che razza di faccia di bronzo sei a negare così di conoscermi, se non più tardi di due giorni fa non solo t’ho mandato gambe all’aria, ma te le ho date in presenza del re? Fuori la spada e difenditi, verme! Se pure è ancora notte, c’è la luna; farò di te una zuppa al chiar di luna, figlio di buona donna, azzimato coglione! Fuori il ferro!”.
Per capire l’idea dietro al lavoro dei Voina basta citare una frase del pezzo Ossa: “Sei bella come una piazza in fiamme”, insomma la band abruzzese non va per il sottile, come di consuetudine.
Alcol, Schifo e Nostalgia non è semplicemente un’operazione di continuità con Noi Non Siamo Infinito, è un vero approfondimento non solo a livello tematico, ma anche e soprattutto dal punto di vista musicale.
La qualità nella produzione, nella registrazione e negli arrangiamenti è infinitamente superiore all’opera prima del gruppo. Questo si percepisce grazie all’ enorme compattezza del suono di un album registrato in presa diretta: sicuramente un disco che favorirà al 100% la componente live.
La capacità principale è quella di non parlare in versi o in simboli, lo stile è diretto e non va per il sottile; la musica è sempre, anche nei pezzi più tranquilli, graffiante e perfettamente illuminata dai testi semplici, duri e efficaci.
La domanda di fondo del lavoro sembra essere la stessa che ha mosso il poeta Czeslaw Milosz: “I now wonder whether a dark vision of history is a result of a personal inclination to pessimism or if one’s pessimism reflects the aura of an historical period/ Io mi chiedo se una visione oscura della storia è il risultato di un’inclinazione personale al pessimismo o se il pessimismo riflette l’aura di un periodo storico”.
Il pessimismo raccontato dai Voina oscilla tra l’io e il noi: tutti siamo dentro al disagio che esce ben delineato dal disco.
I Voina escono fuori dai clichè musicali che la musica contemporanea si sta costruendo addosso e tornano a raccontare l’uomo, i ragazzi, la rabbia. Tutto ciò rende Alcol, Schifo e Nostalgia un disco politico, non politicamente schierato, ma con una sua visione chiara: benedetta sia una idea del genere nella musica.
Pezzi da non perdere: Ossa, La Provincia, Io Non Ho Quel Non So Che.
Gianluigi Marsibilio