Nuova scena digitale e nuove frontiere del tutto possibile. A colpi di fantasia sicuramente, oggi che la tecnica può darci tutto. Ma Diego Faggiani ha anche oltre 15 anni di esperienza alle spalle (ere geologiche per quanto riguarda il mondo del digitale) e si sentono pesare tutti, fino all’ultimo istante. Giunge solo ora a questo esordio dal titolo “Landing”, solo ora dopo aver messo voce ed estro creativo al servizio di numerosi progetti live e in studio. Il primo grande punto d’approdo è la capacità di non esagerare nel dialogo perennemente precario tra possibilità e suoni sintetizzati dalle macchine, tra quelli che sono gli scenari concreti contro ciò che la fantasia soltanto delle volte è capace di vedere. Dietro questo “Landing” si incontrano anche collaborazioni di voce e suoni reali di violoncello e di basso. Da anni ormai lo conosciamo come DETOX e a lui rivolgo la curiosità e il bisogno di conoscere quello che l’elettronica oggi è capace di costruire e di distruggere. L’intervista per gli amici di QUBE GENERATION:
– Elettronica Vs Pop Italiano. Iota tra Davide e Golia? In altre parole, quanto c’è di popolare oggi nel fare elettronica in modo anche sperimentale?
L’elettronica è un concetto molto vasto, difficilmente si può etichettare o definire in una maniera ben precisa. Il pop italiano invece sì. Entrambi possono coesistere così come essere in emisferi completamente diversi. Ciò che ne vien fuori dal loro incontro dà bei risultati come il contrario… insomma, penso che non dipenda mai dal tipo di musica o da come la si fa, dipende solo dall’intenzione e dal gusto di chi la crea.
– Con Detox possiamo ben parlare di progresso ed evoluzione. Quanto ha migliorato o danneggiato il mestiere tutto questo progresso?
Migliorano i software e migliorano gli outboard, migliora la velocità di apprendimento e di divulgazione tramite internet ma ne conseguono anche spiacevoli conseguenze, come il tempo che realmente dedichiamo all’ascolto o l’attitudine nel ricercare la musica che ci emoziona. Per alcuni aspetti sono un po’ nostalgico, soprattutto quando penso ai tempi in cui con il vinile in mano si andava a ricercare la storia di ogni musicista che ne faceva parte, così da scoprire nuovi gruppi e nuovi progetti, che poi andavi a ricercare nuovamente… è un loop che non smetterà mai di affascinarmi. Ma è anche vero che prima era veramente difficile iniziare a far musica con pochi soldi, mentre ora internet da la possibilità a tutti di provare e questo è un bene enorme.
– E parlando del pubblico? Il gusto, l’educazione, l’ascolto… quanto sono meriti o colpe di questo progresso?
In questi ultimi anni mi sembra che ci sia stato un afflusso enorme di musica in generale, un po’ come se la quantità fosse sintomo di qualità. Io rimango del parere che il pubblico ha lo stesso cuore e orecchie di 50 anni fa, quindi dipende solo dall’intensità con cui la si ascolta e dall’amore che ci mettiamo nel ricercarla e scoprirla a formare un pubblico di qualità rispetto a quello di quantità.
– “Landing” è un disco di arrivo o di passaggio?
Penso che per ogni artista non possa esistere una fine se non quella che diamo noi stessi, io non mi sentirò mai completo e “arrivato”. Sarà sempre un passaggio, un tramite per arrivare dove ancora non so.
– La creazione, la scrittura… l’idea nasce suonando o il suono insegue l’idea?
Quasi sempre l’idea nasce suonando, o meglio ancora, campionando.
– Il mondo dei SOCIAL: e tutto questo quanto ha penalizzato o meno il mestiere?
Parliamo del mio tasto dolente, faccio una fatica enorme a rapportarmi con i social in generale, ma non posso negare che per molti aspetti ha favorito una maggiore comunicabilità. Io alla fine lavoro principalmente tramite facebook e annessi, quindi non posso permettermi di dire che mi hanno penalizzato.
P. T.