INTERVISTE

QUBE GENERATION: i Barock Project… Nemo Profeta in Patria

Il progetto BARCOK PROJECT celebrato da tutto il mondo come una delle migliori band prog della nuova scena internazionale. Oggi il doppio disco dal vivo…

Intitolerei questo articolo Nemo Profeta in Patria. A dire il vero li ho conosciuti da poco anche io grazie ad un doppio disco rigorosamente dal vivo con cui la band guidata da Luca Zabbini (compositore e pianista) fa il suo “ritorno” in Italia dopo importanti riscontri oltre confine. Se il resto del mondo li ha consacrati come una delle più importanti nuove scene del prog, adesso tocca a noi fare la nostra parte evitando di parlare di rock progressivo solo come musica estera o di nicchia. Da poco uscito “Vivo”, questo doppio live che celebra dieci anni di grande carriera strizzando l’occhio al futuro con l’unica traccia in studio inedita dal titolo “My silent sea”. Passando dai Genesis approdando alla nostra tradizione classica. A Qube Generation facciamo due chiacchiere preziose con Luca Zabbini e i Barcok Project:

– Di base c’è il resto del mondo che vi consacra prima della madre patria. Dunque NEMO profeta in PATRIA è assolutamente vero? Perchè secondo voi?
Perchè sostanzialmente credo che la cultura musicale nel nostro paese abbia virato da una parte completamente diversa durante gli ultimi decenni. Basta pensare che all’epoca del Barocco e poco dopo eravamo la culla della musica europea. Se poi pensiamo che negli anni settanta abbiamo dato spazio a gruppi come i primi Genesis, quando nella loro patria erano ancor meno considerati…

– Le radici del progetto nascono dalla mente di Luca Zabbini, pianista e compositore. Probabilmente da questo si spiega un’importante componente classica e, nello specifico, barocca?
Ho frequentato il conservatorio e mi sono diplomato. Ma credo non ci fosse bisogno di quello per fare scaturire la voglia di fare questo tipo di musica. Ho composto un sacco di brani di questo genere ben prima ancora di iscrivermi all’istituto, quando avevo dodici-tredici anni. Tutto è dipeso da ciò che ascoltavo e dai dischi che mi sono ritrovato in casa, quelli di mio papà, io sono solo un filtro. Chiaramente ero circondato da musicisti in famiglia e da bambino avevo preso qualche lezione di pianoforte. Ma posso dire che il più lo facevo da autodidatta, semplicemente perchè quando i miei amici se ne stavano a giocare a pallone, preferivo starmene in casa al pianoforte col desiderio di riuscire a suonare Tarkus esattamente come Emerson. Questa è stata la mia scuola e ciò che mi ha permesso di capire quel tipo di musica e far si che fosse la mia vera casa.

– In questo doppio disco si guarda al futuro con timidezza: come mai un solo inedito?
Beh, parliamo di un disco doppio, interamente registrato dal vivo.Il fatto di inserire un inedito è stato una sorta di ‘’plus”. Altrimenti sarebbe finito semplicemente nel disco successivo, che è già in fase avanzata di lavorazione.

– Dal vivo finalmente. Un impianto sonoro così imponente, dal punto di vista tecnico come scenografico, come pensate sia possibile farlo vivere nella scena live di oggi, spesso ristretta e in condizioni precarie?
Ahimè non è sempre facile. Spesso ci si ritrova a suonare in condizioni pietose. Oppure hai a disposizione impianti sonori potentissimi, ma quando ti ritrovi a suonare in festival o simili, hai i minuti contati per quanto riguarda il soundcheck e di conseguenza non riesci ad avere il tuo sound che ti permette di esprimere appieno la personalità della tua musica e della tua band. E’ un privilegio che viene ancor troppo riservato ai gruppi considerati ‘’big”.

– Da un’esperienza internazionale, secondo voi l’Italia è pronta o capace di accogliere un rock progressivo come accadeva forse negli anni ’70?
Assolutamente no. Come dicevo, la cultura musicale italiana non ha le capacità per poter dare valore in generale ai musicisti che puntano a fare musica seriamente. Per quanto mi riguarda, sono estremamente disilluso dalla situazione musicale nel nostro paese. Negli anni ‘70 c’è stato un brevissimo momento in cui fu possibile, ma credo che tutto svanì anche a causa del fatto che ci si buttassero in mezzo troppi affari politici. Ho sempre pensato che la musica non sia nè di sinistra nè di destra, ma che ci sia solo musica buona o brutta.

– Chiudiamo lasciandovi ad un’analisi che sia guida per l’ascolto: siete puristi del genere o “infedeli alla linea”?
Non mi piace definirmi nè da una parte nè dall’altra.
Prendere una posizione di questo tipo sarebbe un segno di protesta. Credo che i puristi siano solamente ostinati a ripercorre un qualcosa che non esiste più, ad esempio i vecchi affezionati alle sonorità tipiche del prog. Ma sono cose che sono già state fatte. Non mi va di rifare un disco con le stesse sonorità di Foxtrot dei Genesis solo per far venire le lacrime ai sessantenni. Allo stesso tempo, non sono un ‘’infedele alla linea’‘ perchè significherebbe fare come chi si sforza di andare contro corrente a tutti i costi per differenziarsi.
Semplicemente io scrivo musica che mi viene da dentro e indubbiamente cerco di proiettarla ad un ascoltatore dei giorni nostri. Probabilmente la materia prima è di radice classico-sinfonica, con grande attenzione nel dar priorità alla melodia, fattore fondamentale per me. Poi ho un particolare riguardo per lo sviluppo strutturale ed armonico, questo in buona parte grazie ai miei studi. Ma il punto di partenza è un qualcosa che mi viene dalla fortuna di essere cresciuto in mezzo alla buona musica, non agli studi di certo.
Ultimamente prediligo scrivere un tipo di musica meno complicata e più diretta, cercando di ridurre ai minimi termini la complessità del prog per farla arrivare a piccole dosi a gente abituata ad ascoltare brani di tre minuti in radio. Certamente è una sfida… ma ho sempre adorato le sfide.