Il tenore franco tunisino Amadi Lagha vincitore di numerosi prestigiosi premi dopo il consenso ricevuto nei più grandi teatri del mondo torna in Italia e al Teatro Verdi di Trieste oggi 10 giugno nel ruolo di Canio nei Pagliacci di Leoncavallo, repliche il 12 e 14 giugno. Ma scopriamo qualcosa in più su di lui e sul suo lavoro.
– Maestro Lagha come costruisce i nuovi ruoli che deve intraprendere?
Comincio innanzitutto con una prima lettura del libretto che sta alla base della composizione musicale. Infatti, la lettura della storia serve a comprendere la trama e ad analizzare l’interazione tra i diversi personaggi in modo da capire meglio il mio, sia da un punto di vista psicologico che drammaturgico.
Poi, faccio una seconda lettura soffermandomi maggiormente sul mio personaggio, traducendo se necessario i passaggi meno evidenti dalla lingua originale al francese. Ripeto più volte questa lettura in modo sempre più approfondito focalizzandomi anche sulla dizione e la recitazione del testo.
Terminato questo lavoro, inizio a studiare la mia parte musicale sulla partitura prima con una lettura generale e poi più dettagliata analizzando in profondità ogni sfumatura voluta dal compositore e cercando di capire la relazione tra il testo, l’armonia e le indicazioni dinamiche e ritmiche, ad esempio: ritenuto, accelerando, piano, forte, crescendo, diminuendo, corona, cambi di tempi, ecc…
Una volta concluso questo studio preparatorio si passa alla messa in voce, prima da solo e poi con il mio pianista, con il quale mi confronto sia musicalmente che vocalmente.
– Canio e il Pagliaccio sono certo la stessa persona, ma profondamente diversi, come ha affrontato questa sfida?
Prima di parlare di questo personaggio doppio mi sembra opportuno sottolineare l’esistenza di diversi livelli interpretativi, cioè: Amadi che interpreta Canio che a sua volta interpreta il Pagliaccio.
In questo caso, l’originalità e la complessità del processo interpretativo risiede nel fatto che l’essere umano Amadi con il suo vissuto personale, la sua sensibilità e la sua psicologia, si mette alla prova e va a interferire in un’altra sfera umana, quella di Canio, per poi confluire nel Pagliaccio.
L’alternanza Pagliaccio/Canio, Canio/Pagliaccio è evidente fin dall’inizio. Subito dopo il prologo appare per la prima volta il personaggio Pagliaccio (al 100%) che si trasforma in Canio (al 100%) nel suo secondo intervento per poi concludere il primo atto con l’aria «recitar…» dove coesistono, nella stessa proporzione, entrambi i personaggi (50 % e 50%).
Nel secondo atto si nota, invece, uno squilibrio nel «dosaggio» emotivo dentro la coppia Canio/Pagliaccio (diciamo all’80% e 20%) che si risolve subito dopo il «No ! Pagliaccio non son…» con uno sbilanciamento netto a favore di Canio (al 100%) il quale commetterà l’imperdonabile!
– Tra i tanti ruoli che ha interpretato quale sente più vicino?
È sempre difficile rispondere a questo tipo di domande perché mi trovo obbligato a fare una scelta e di conseguenza devo mettere da parte altri ruoli che comunque mi hanno segnato anche se diversamente. Ma se proprio devo scegliere sceglierò Rodolfo ne «La Bohème» di Puccini per due motivi: innanzitutto perché ho vissuto un periodo veramente da «bohémien» a Parigi. È stato il momento più difficile, più intenso, più ricco, più eccitante della mia vita. L’ho vissuto in parte con altri tre amici che venivano anche loro dalla Tunisia. Abbiamo studiato, abitato e lavorato insieme, abbiamo fatto quasi gli «zingari» ma è stato bello perché abbiamo potuto vivere Parigi fino in fondo, al massimo, con un ritmo inimmaginabile! Ce la siamo goduta in tutti modi! Sono state esperienze uniche. Ho dei ricordi in ogni «arrondissement», in ogni angolo, in ogni stradina. Un vivere a 360 gradi, a piedi, con la macchina, con bici, con roller, con monopattini, con la metro, con i mezzi pubblici…
Ho affittato appartamenti e stanze in quasi tutti gli «arrandisselents». Ho fatto anche tantissimi lavori diversi: il guardiano notturno, il manovale, l’autista, l’addetto alle consegne, l’imbianchino, l’addetto alla pulizia degli uffici… Ho avuto anche un’esperienza con la Croce Rossa francese come volontario e impiegato; ho suonato nei bar parigini con altri musicisti amici, ho insegnato anche chitarra… c’è da scrivere un libro intero solo per il capitolo parigino della mia vita!
Il secondo motivo è che Rodolfo è stato uno dei ruoli insieme a Calaf con cui ho dato inizio alla mia vera carriera professionale. E per questo occupa un posto particolarmente speciale nel mio cuore.
– Una curiosità lei che musica ascolta?
Amo la musica nel senso più ampio del termine, di conseguenza ascolto quasi tutti gli stili: jazz, flamenco, blues, rock, disco, funk, musiche tradizionali… insomma, «le musiche del mondo»!
Durante le produzioni in generale, mi piace, per esempio, ascoltare il jazz. La «gamme de blues» (intendo la scala pentatonica minore) mi dà un effetto riposante, probabilmente perché quando la mente è focalizzata sulla musica dell’opera del momento, cambiare l’ascolto con un genere molto distante, alimenta il piacere di continuare a fare musica.