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MI AMI FESTIVAL (Giorno 2) – LIVE REPORT

La seconda giornata del Mi Ami riesce ad essere completamente diversa per mood e idea di musica rispetto alla prima e già, a primo impatto, questo cambio di direzione è piacevole perché mostra come la contemporaneità della nostra musica ha più di un volto e pensiero da mostrare. Alcuni live permettono di conglobare fan storici e giovani di molti gruppi e progetti longevi, come per esempio i Tre Allegri, che si ritrovano in un live che è uno spettacolo raro, ma anche Maria Antonietta riesce a catalizzare su di sè gli occhi delle eterne ragazze punk e di quelli a caccia di un cantautorato raffinato e completo in ogni suo aspetto.

La prossima settimana arriverà la pagella con i promossi e i rimandati su Qube Music.

Al Festival e alla sua organizzazione sicuramente spetta un voto alto, perché sono riusciti a creare un’atmosfera unica e riconoscibile. Il Mi Ami e il Magnolia hanno dato, nel corso degli anni, un’identità all’idroscalo e questa operazione deve farci essere grati nei confronti di chi pensa e organizza concerti in questo modo.

COLAPESCE

Il suo cantautorato è disegnato in punta di matita. È elegante, raffinato, il suo concerto riesce a catturare e spiegare perché l’italiano è la lingua più bella del mondo. O almeno la più poetica.

Colapesce mi fa sentire orgoglioso di scrivere di musica: riesce a compensare le attese, i mezzi e alcuni live un pochino spenti che sto sentendo in questa due giorni.

Colapesce è un faro, un’oasi che fa della sua cifra stilistica, forse non accessibile a tutti, un sinonimo di unicità.

Il live si gioca al momento giusto dei grandi classici e torna a ripresentare i meravigliosi pezzi dell’ultimo album, perla assoluta dell’anno passato.

La sua presenza scenica nel corso degli anni è diventata mastodontica e la trovata delle ostie distribuite fra la gente riassume l’essenza dell’Infedele Tour e di tutto il festival. “Tra il sacro e il profano”.

MARIA ANTONIETTA

Stesso speculare discorso sulla bellezza e complessità si può fare sulla regina della serata: Maria Antonietta.

Deluderti è stato un disco che ha snocciolato la profonda essenza della cantautrice. Lei ha dimostrato di saper trovare soluzione alla fine della crisi punk.

E se la sua vita artistica è vicina ad una dimensione monastica, in senso profondo e spirituale, sul palco dimostra di cogliere ogni sfumatura del pubblico, le incertezze e le debolezze di chi è sotto palco.

Cantare con genuina voglia di essere sè stessi rischia di essere divisivo, ma lei esce fuori con gran classe da ogni pezzo. Il suo gruppo è una delle 7 meraviglie del Mi Ami.

Peccato per il quasi contemporaneo con i Tre Allegri Ragazzi Morti.

GERMANO

La vera e fresca faccia della scena romana. La musica è costruita da gente come Francesco Aprili e Matteo Patrone che riescono a tenere su ,ritmicamente e melodicamente, un progetto che ha tanto da dire.

Germanò è l’unico esempio di cantautore uscito ultimamente dalla cameretta della Capitale che riesce a reggere palco e aspettative del disco.

Non racconta l’amore in modo smielato e adolescenziale, non si perde in inutili sentimentalismi ma parla della sua età in modo schietto, permettendo al pubblico di riconoscersi e affezionarsi.

Sotto al palco si crea un legame con lui molto rispettoso, non c’è chiasso, non c’è il bisogno di venerare una star. In un live così parlano le cose più profonde, le sfumature e i sospiri, alcuni commossi, della gente.

Germanò è un cantore delle piccole cose e di questa ondata forse è l’unico insieme a Giorgio Poi, che riesce a sfoggiare, grazie ai Panoramica Beats, un suono vero e ricercato.

SELTON

I Selton avevano staccato la spina ai loro live da qualche mese e ripresentandosi al Mi Ami ci hanno fatto capire quanto ci erano mancati.

La band è un big bang di danza, gioia genuina e ritmi complessi. La caratteristica che sicuramente contraddistingue il suono di questo live è sicuramente la sua rotondità e complessità strutturale. Tutti i passaggi sono estremamente semplici e lineari. Essere spensierati e provenire da una tradizione musicale tropicale rende il tutto estremamente magico e sicuramente non convenzionale. Sono gli headliner adatti a qualsiasi festival estivo e i loro pezzi assumono senso e compongono un puzzle colorato.

Ogni brano è come un cast di attori in un film, ruoli diversi che riescono a dare un senso profondo a tutta l’esibizione.

OUTSIDER: GIORGIENESS

Quando parliamo della band di Giorgie non possiamo dire che effettivamente si tratti di outsider, noi la seguiamo da Noianess, primo EP.

Per qualche inspiegabile motivo c’è però ancora il bisogno di etichettare il gruppo come una band esordiente, o quasi.

Il nuovo disco uscito alcuni mesi fa ha sicuramente dato uno spessore diverso all’esibizione che ruota su una serie di equilibri e giochi ritmici. La band infatti si è rivestita di nuove consapevolezze e porta uno scettro importante in mano: essere l’ultima frontiera dell’indie rock in Italia.

Un ping pong continuo tra chitarra e basso trova luce in una voce ispirata e in un personaggio, lei, che è sicuramente capace di tenere il palco con decisione e prontezza.

Parlano poco, hanno voglia di suonare il più possibile e il loro bisogno impellente di essere legati al palco e alla dimensione live si sente.

Il loro sound è una marcia indefinita verso un sapersi migliorare e capire, anno dopo anno, i propri limiti.

Bene ragazzi.

il Mi Ami è breve ma intenso.

Un fugace palpito di vita nelle prime settimane d’estate o meglio ultime di primavera. Una domanda sorge in mezzo a tutto quello che ho ascoltato e detto, già perché una volta tornato alla normalità, una volta che avrò inviato quest’ultimo report, il quesito per me sarà uno solo: cosa racconterò al mio professore di Storia Contemporanea il 5 di giugno? Una serie di storie belle e contemporanee sicuramente possono venir fuori da questi palchi e allora resterò a guardare e aspettare. Sperando di tenere a mente, anche durante l’esame, almeno una risposta giusta.