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Watchmen: la rivoluzione “intellettuale” del mondo del fumetto

Nel mondo dei fumetti c’è un prima e un dopo Watchmen. Quando nel 1986 la DC Comics pubblicò la miniserie in dodici numeri firmata dallo scrittore Alan Moore e dal disegnatore Dave Gibbons, nessuno immaginava che quel fumetto avrebbe cambiato le regole del gioco. In un’epoca dominata da eroi invincibili e storie in bianco e nero, Watchmen portò sulla pagina un mondo cupo, ambivalente e spaventosamente simile alla realtà.

La storia si apre con l’omicidio del Comico, vigilante brutale e al servizio del governo americano. A indagare è Rorschach, detective solitario e ossessionato dall’idea di un complotto contro gli ex “eroi in costume”. Ma in questo universo i supereroi non hanno nulla di mitico: sono uomini fallibili, spesso corrotti o psicologicamente instabili. L’unico vero essere sovrumano è il Dottor Manhattan, capace di manipolare la materia, ma sempre più distante dall’umanità che dovrebbe proteggere.

Sullo sfondo, un’America alternativa degli anni Ottanta: Nixon è ancora presidente, gli Stati Uniti hanno vinto il Vietnam grazie a Manhattan e la Guerra Fredda minaccia di sfociare in un conflitto nucleare. Non proprio lo scenario da fumetto d’evasione.

Il messaggio è chiaro: dietro la maschera dei supereroi non c’è perfezione, ma la stessa ambiguità morale che troviamo nel mondo reale. Non è un caso che la serie sia stata pubblicata negli anni delle tensioni nucleari e del disincanto politico: Watchmen ha saputo interpretare paure concrete con il linguaggio del fumetto.

Dal punto di vista formale, Watchmen fu una rivoluzione. Ogni tavola segue la griglia rigida di nove vignette, utilizzata con precisione matematica per creare parallelismi e simbolismi. A questo si aggiungono inserti “extra” – ritagli di giornale, rapporti psicologici, interviste – che ampliano l’universo narrativo. E poi c’è il fumetto dentro il fumetto, I Racconti del Vascello Nero, che fa da specchio metaforico alla trama principale.

Non era mai successo prima che un’opera di supereroi fosse concepita con la stessa complessità di un romanzo letterario. Non a caso il Time inserì Watchmen tra i cento migliori romanzi in lingua inglese del Novecento.

L’impatto della saga è stato talmente forte che DC non ha mai smesso di tornarci. Nel 2009 Zack Snyder portò la storia al cinema con un adattamento visivamente fedele, ma accolto in modo contrastante. Nel 2012 arrivarono i prequel di Before Watchmen, che divisero i fan. Più riuscita è stata la miniserie Doomsday Clock (2017-2019), che ha collegato l’universo di Watchmen a quello di Superman e Batman.

Il capitolo più sorprendente, però, è la serie tv prodotta da HBO nel 2019. Creata da Damon Lindelof, non è un remake ma un seguito ambientato decenni dopo: al centro ci sono razzismo sistemico, terrorismo interno e abuso di potere. La critica l’ha definita un esempio di come si possa reinventare un classico senza tradirlo.

Oggi Watchmen è considerato un testo sacro del fumetto, studiato nelle università e ancora capace di conquistare nuovi lettori. Un fumetto che ha dimostrato come i supereroi potessero raccontare storie adulte, complesse, politiche.