Denise Esposito LIVE REPORT NEWS

Red Hot Chili Peppers: il concerto più atteso al Postepay Rock in Roma

I Red Hot Chili Peppers conquistano Roma con un concerto memorabile… a cinquant’anni suonati, la band californiana ha tenuto la scena per più di un’ora e mezza dandosi con entusiasmo e professionalità al pubblico

Dopo il grande soldout, avvenuto in pochissimo tempo molti mesi fa, avevo perso tutte le speranze di poter partecipare al concerto di una delle band viventi più importanti del panorama mondiale, invece, mercoledì pomeriggio, come una manna dal cielo, mi viene proposto di sostituire il collega che non sarebbe potuto più andare al grande evento del mese: neanche a pensarci, ho accettato subito e oggi ero lì per tutti quelli che non sono riusciti a prendere parte a questo concerto!

Dopo l’ora di pranzo passo davanti all’ippodromo per tornare a casa e la folla fuori era già tanta, decido allora di parcheggiare nel vicino quartiere di Statuario e di tornare a casa in autobus. Torno in zona Capannelle, presidiata da tantissime forze dell’ordine, a piedi verso le 19:30, ritiro il mio biglietto, faccio la solita trafila per i controlli, e in cinque minuti sono dentro: oggi, come solo per pochi altri concerti, ogni area da percorrere è intasata di persone di ogni nazionalità ed età, molti dei quali sono bambini.

Le file per mangiare e andare al bagno sono interminabili, ma sono tutti disposti ad aspettare, in fondo fra circa due ore vedranno i Red Hot salire sul palco!

Il percorso per arrivare davanti il palco è tortuoso e molto lungo, un ragazzo vicino a me esclama, infatti “Oh, ma che dobbiamo arrivare fino a Ciampino a piedi?”. Si, effettivamente stiamo camminando tutti verso i castelli romani, tutti pensando “e ora dove diavolo mi posiziono?”…

Finalmente riesco ad entrare nel parterre e decido di fermarmi vicino una transenna che delimitava il percorso da seguire, subito dopo il chiosco delle bibite. Intorno a me ci sono tutti visi sorridenti e impazienti.

Ad intrattenerci durante l’attesa, ci pensano i californiani Knower con un set piacevole  che trascina il pubblico, senza farlo sudare troppo, fino alle 20:45.

Sorprendentemente la tabella di marcia viene rispettata e alle 21:30 in punto il palco si illumina, e i primi ad entrare e a regalarci una Jam sono Flea e Chad. Il pubblico esplode in un gran boato e li acclama come se non ci fosse un domani, all’arrivo di Anthony tutti gridano euforicamente. Parte Can’t Stop e la folla va in visibilio, gran bell’inizio. Si prosegue con pezzi degli anni duemila come Dani California e The Zephyr Song. La voce di Anthony è abbastanza pulita e arriva bene fino a noi che stiamo un po’ più dietro, mentre in generale noto subito che il volume non è molto alto, tant’è che riesco a sentire perfettamente cosa si dicono i miei vicini di transenna!

Durante Dark Necessities, canzone tratta dal nuovo disco The Gataway (2016), ci riposiamo un po’ e siamo subito carichi per affrontare The Adventures of Rain Dance Maggie, che a mio avviso viene eseguita leggerissimamente più lenta della versione studio. Si prosegue con una chicca, la cover degli Stooges, I Wanna Be Your Dog.

Per la scaletta di stasera i Red Hot hanno scelto molte canzone degli anni duemila e si prosegue infatti con Right on Time e Go Robot. Con Californication il pubblico si stringe alla voce di Kiedis che diventa un tutt’uno con le migliaia presenti stasera. Un’altra cover sorprende il pubblico, si tratta dei Funkadelic, What Is Soul?

Mi bastano pochissime note per capire che Aeroplane è la prossima canzone ad essere suonata dai nostri californiani. La canto a squarcia gola insieme a tanti altri, mentre noto che i più giovani la snobbano un poco. Anche Keep on Running viene cantata all’unisono da tutti. Fra un pezzo e l’altro i musicisti interagisco col pubblico, Flea come sempre è il più energico e chiacchierone. Dopo qualche altro nuovo brano, si susseguono altre due cover, They’re Red Hot di Robert Johnson e Higher Ground di Stevie Wonder, che ci trainano fino al momento più atteso, quasi da tutti: Under the Bridge. Emozionante. Anthony e i suoi ragazzi la eseguono in modo impeccabile e sentito, e molti di noi di fronte a loro hanno gli occhi lucidi. By the Way ci fa asciugare la lacrimuccia e ci conduce alla pausa.

Il primo a risalire sul palco per l’Encore è Josh Klinghoffer, il chitarrista che ha sostituito Frusciante per intenderci, che stupisce il pubblico con una cover, voce e chitarra, di Io Sono Quel Che Sono di Mina, pronunciata in un ottimo italiano. Oltre a questa cover, che omaggia il nostro Paese, ci attendono soltanto Goodbye Angels e Give It Away a chiudere. Sono le 23.15 e il concerto volge al termine. Anthony saluta tutti e fugge via, Flea ci lascia pronunciando delle parole che non sono riuscita a sentire e Chad lancia tutte le bacchette che aveva vicino la batteria verso il pubblico che si scapicolla per accaparrarsene una!

Il percorso per uscire è polveroso e tortuoso, ma piano piano, tutti riusciamo ad uscire e a tornare a casa impolverati ma contenti!

Sicuramente in questo set ci sono delle grandi assenti come Scar Tissue e Around the World, solo per citarne un paio. Al di là di questo, il concerto rimarrà nella memoria di molti, è stata una grande occasione per poter ascoltare una fra le migliori band americane che, a cinquant’anni suonati, ha tenuto scena per più di un’ora e mezza dandosi con entusiasmo e professionalità al pubblico di Roma.

Arianna Cacciotti | Foto: Denise Esposito