Artista: GIOBBE
Album: Beneath the Looming Blanket
Etichetta: GIOBBE & I Make Records
Data di rilascio: novembre 2018
Ultimamente, per motivi di lavoro o per noiose attività personali, trascorro molto tempo in automobile. Preferirei fare lunghe passeggiate a piedi, andare in bicicletta invece di perdermi nel traffico, oppure in lunghe ore trascorse in autostrada.
Il risvolto positivo è che, durante le mie trasferte, posso dedicarmi all’ascolto della musica.
Di solito preferisco ascoltare la radio, più “easy”, più sorprendente per certi versi, però – quando devo recensire qualche disco, approfitto di questo tempo per ascoltarlo ed iniziare a farmene un’idea.
Questa è la volta di “Beneath the Looming Blanket” di Giobbe. Giobbe è un cantautore napoletano che canta in inglese, con ottima pronuncia. Ha iniziato relativamente tardi ad esibirsi, ma ha alle spalle una ventina di anni di “carriera”. Carriera volutamente fra virgolette perché, per sua stessa ammissione – durante una intervista in occasione di un Sofar Sounds, lui è umile e sente di dover percorrere ancora tanta strada.
Comunque, io ed il mio amico immaginario (per brevità chiamato Fabio) siamo in automobile, riflettendo e ragionando su questioni di vitale importanza e valenza, come per esempio fra quanti chilometri ci sarà la prossima area di servizio per fare pipì. In balia di questi nobili pensieri decidiamo di concederci l’ascolto del nuovo disco di Giobbe. Inserisco il CD nel lettore (si, la mia automobile non ha connessioni USB né Bluetooth) e parte il primo brano “a sound truce”.
La mia bocca si spalanca improvvisamente, con la coda dell’occhio guardo Fabio, nella mia immaginazione seduto alla mia destra e noto i suoi occhi fissi nel vuoto, perso nell’ascolto.
Immediatamente mi viene in mente “Let’s get lost”, il film sulla vita (e la morte) di Chet Baker, e quella che ascolto è veramente una tregua, come suggerisce il titolo. La tromba si staglia nell’aria e la voce di Giobbe canta di un bilancio della vita non sempre in positivo, come il mio in questo momento.
“Looming blanckets” terzo brano che definisce anche il titolo del disco, è quello che forse mi convince meno. La voce è sempre calda e rotonda, il groove non manca, saranno i fantasmi e le paure di cui si canta che mi infastidiscono.
Da “Through the Snag” in poi il percorso si delinea definito, con sonorità, voci ed arrangiamenti che ricordano I tempi d’oro di “Harvest” di Neil Young. La tromba fa da padrona, regalando calore e carattere a tutto il disco, perfetto complemento alla voce di Giobbe, con cui spesso duetta.
Fabio, l’amico immaginario, ed io restiamo in religioso silenzio, fino alla fine del disco. Saremmo anche arrivati a destinazione, ma restiamo ancora un poco in macchina, per non perdere la magia della musica e l’ultima lingua di sole e di calore.
Giobbe ha accompagnato il nostro viaggio e ci ha intimamente raccontato delle sue paure, dei suoi rancori, dei suoi rimorsi. Quasi suonasse solo per noi, nella nostra stanzetta.
“A Tumble in a Bad Dream” conferma e rafforza l’influenza di Neil Young, con un testo che comprendo, ma non capisco, o forse non voglio capire, o capisco troppo, comunque fa male.
“Clocking Up the Miles” è la canzone che sento più “mia”, che sento parlare a me, alla mia anima, che casualmente racconta tutto ciò che sto attraversando in questo periodo. Anche in questo caso testo cantato e musica si fondono in un perfetto arrangiamento.
L’ultimo brano del disco “Backward Steps”, passi all’indietro, che io in un primo momento erroneamente ho tradotto con “qualche passo indietro”, ci racconta di una casa, una mamma, un papà che ci aspetta per finire una partita iniziata tanto tempo fa, un letto su cui riposare e sentirsi a casa. Cose semplici, insomma, a cui forse tutti dovremmo prestare maggiore attenzione. Di cui tutti dovremmo (imparare a) godere.
Belle emozioni in questo disco intimo, magistralmente arrangiato, che ha richiesto ben tre anni di gestazione, di lievitazione. Grazie Giobbe per le belle emozioni. Grazie Fabio, mio amico immaginario, per avermi fatto compagnia durante questo viaggio. Ci vediamo al prossimo.
Davide Visca
Band:
Fabio Giobbe: voce, chitarre acustiche e semiacustiche, percussioni
Francesco Tedesco: batteria e chitarre elettriche
Angelo Miccoli: basso
Antonio Senesi: chitarre semiacustiche
Alfredo Buonagiunto: pianoforte
Ospiti:
Gennaro Ferraro: tromba
Alfredo Parolino: chitarre in “May 18th” e “Backward Steps”
Tracklist:
- A Sound Truce
- Busy in a Deep Sleep
- Looming Blankets
- Quick Sink into Doldrums
- Through the Snag
- Not Even Time
- A Tumble in a Bad Dream
- Down in the Dumps Again
- May 18th
- Dreary Burdens
- Clocking Up the Miles
- Hurt My Folks
- Backward Steps