ALBUM: Sussidiario illustrato della giovinezza
BAND: Baustelle
LABEL: Baracca&Burattini
ANNO: 2000
Era l’inizio degli anni zero. E fra chi diceva, e ahinoi dice ancora, che musicalmente tutto era oramai già stato scritto e chi diceva che con l’avvento ormai dilagante del digitale sull’analogico certa musica non l’avremmo ascoltata mai più, ecco che si palesano i toscani Baustelle (dal tedesco “cantiere”, “lavori in corso”).
Indubbiamente i Baustelle rappresentano un certo tipo di risposta per un certo tipo di fruitore musicale, e ciascuno di quei fruitori ringrazia e sta ancora ringraziando il proprio dio per questa provvidenziale venuta. Una sconosciuta etichetta indipendente sfornerà nel 2000 Sussidiario illustrato della giovinezza, un album che di classico ha solo il fatto di dividere il pubblico ma anche di creare le nicchie, sommato al privilegio di segnare una di quelle tacche che si inseriscono quando si disegna una linea del tempo: così come nella storia esiste un prima e un dopo Cristo, nella storia del pop esiste incontrovertibilmente un prima e dopo Baustelle. Poca blasfemia, molta verità.
Sussidiario illustrato della giovinezza è un disco che meravigliosamente sbigottisce i più: i testi, scritti dal frontman Francesco Bianconi, che si rivelerà essere di lì a poco uno dei leader musicali più carismatici e complessi dei nostri giorni, sono scritti in un italiano perfetto perché letterario, denso, poetico, pregno di letteratura e storia ma anche di niente, al tempo stesso. Al canto Francesco si alterna con una ragazza avvenente ma timida, aggressiva e remissiva, così com’è il suo modo di cantare: è Rachele Bastreghi. Una voce eterea (Gomma, La canzone del parco) che non farà altro che migliorare nel tempo, due occhi verdi e magnetici che scriveranno la copertina di un album (Amen) e trasferiranno quel magnetismo nelle parole, che Rachele pone fantasticamente in musica.
In Sussidiario illustrato della giovinezza c’è la Rimini degli anni ottanta, c’è il cinema di Fellini e Pietrangeli, c’è la nouvelle vague, c’è la blasfemia, la santità, il porno, il sesso, la castità, l’amore, la purezza, l’infanzia candida e quella profanata, il tutto straordinariamente in equilibrio sul filo di una classe e una delicatezza che sono due delle cifre stilistiche dell’album suddetto. Nei Baustelle c’è Serge Gainsbourg e c’è Piero Ciampi, citazioni più o meno esplicite in quella che sarà poi anche il resto della discografia baustelliana, ma soprattutto c’è una forma di canzone squisitamente evocativa a cui non eravamo abituati da tempo. Pezzi come Le vacanze dell’ottantatré, La canzone del riformatorio, Cinecittà, Sadik, l’ascoltatore se li sceneggia tutti in quel viaggio sensoriale, reale ed onirico a cui il disco in questione lo conduce.
Di notevole supporto al disco sono i numerosi musicisti che ne prendono parte: a quella che sarà la formazione fissa dei Baustelle, ovvero Francesco Bianconi alla voce e alle chitarre, Rachele Bastreghi alla voce, ai synth e alle percussioni e Claudio Brasini alle chitarre, in Sussidiario illustrato della giovinezza ci saranno anche Mirko Cappelli al basso elettrico, Michele Angiolini alla batteria, Fabrizio Massara al pianoforte, Amerigo Verardi alle chitarre, Luciano Brigidi al sassofono, Bruno Bocci alla tromba, Simone Periccioli al trombone, Marco Allocco al violoncello e Gianluca Allocco al violino.
Come nell’America di fine anni ottanta spuntarono fuori i Nirvana, tre ragazzi che non si accontentarono del rock e diedero vita al grunge, così nell’Italia di un decennio dopo tre ragazzi di Montepulciano che rispondono al nome di Baustelle riscrivono la storia dell’alternative pop-rock italiano con questo disco, indiscussa punta di diamante dell’anno 2000.
Francesca Amodio