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Preoccupations: “New Material”

Band canadese dall’identità travagliata: nel 2012 erano conosciuti come Viet Cong , nome che suscitò non poche critiche, accuse di razzismo e di appropriazione culturale. Nel 2015 Flegel (cantante e bassista), in un’intervista per Pitchfork, annunciò che la band assumerà un altro nome, Preoccupations. Il loro secondo album in studio è stato infatti pubblicato omonimo nel settembre 2016.

Chiarita (grossolanamente, e mi scuso) la storia del nome, mi va di raccontarvi di come venni a conoscenza di questo fantastico gruppo. Era un nuvoloso pomeriggio di luglio, mentre passeggiavo annoiata per Bologna ascoltando una play list a caso trovata su Spotify e tra tanti brani carini, ma poco adatti al mio mood, fui stregata dall’accattivante sound di Continental Shelf. I giorni seguenti li trascorsi riascoltando l’intero album, quel capolavoro di Viet Cong.

Li ho trovati unici nel loro genere e non sono stata l’unica a crederlo, visto che il loro stile musicale è stato definito come “labirintico post-punk“, un misto di Post-Punk e Art-Punk (sottogenere più sofisticato che si distacca dall’ambito del garage rock contraddistinguendosi per un’estetica più semplice e disinvolta) con interessanti sottofondi Industrial e Noise (questi ultimi soprattutto nel caso degli ultimi dischi). Ma soffermarci a parlare di questi generi è riduttivo, dato che il loro primo album, Cassette (2014), è molto psichedelico, Viet Cong (2015) è venato di sfumature tribali e melodie pop attraversate da distorsioni, mentre solo da Preoccupations (2016) si ha la conferma di uno stile più uniforme e freddo. Direi quindi che il genere si sia affinato nel corso degli anni, a volte perdendo e a volte recuperando quel lato “labirintico”.

Un recupero lo si ha ad esempio con New Material (un titolo meno scontato e più descrittivo rispetto ai precedenti, eh eh!), l’ultimissimo lavoro, uscito lo scorso 23 marzo: dal tocco post-moderno e più curato (e la copertina lo suggerisce bene) dovrebbe segnare la maturità artistica della band. Tuttavia non passa inosservato uno sguardo al passato… d’altronde, nel panorama musicale mondiale, dove l’elettronica si afferma sempre di più e l’indie perde forza, la rivisitazione di alcuni modelli può aiutare gli artisti a creare materiale nuovo, senza cadere necessariamente nel banale revival. Infatti con New Material i Preoccupations riescono a personalizzare, svecchiandolo, il genere del post-punk. Ascoltando in apertura il secco abbinamento di batteria-drum-machine di Espionage (titolo che guarda a una ricerca interiore), non si può non pensare all’inconfondibile sound dei Joy Division… ma neppure il tempo di realizzarlo pienamente, che subito Decompose ci investe con riff taglienti come lame e linee di basso lineari ma dal suono molto marcato, che ben contrastano la voce ora più rilassata di Flegel, che mi fa pensare a quella di David Byrne ai tempi dei Talking Heads. Antidote si distingue per i suoi suggestivi accenti funk che rimandano al Bowie più berlinese, mentre l’atmosfera più cupa e avvolgente di Doubt mi fa pensare a quella che troviamo in Disintegration dei Cure.

Solace, Manipulation e Compliance (quasi post-rock) sono invece i pezzi più innovativi e che meglio esprimono la vera tensione emotiva dell’album la quale, esasperata in una contemporanea “ode alla depressione e all’auto-sabotaggio”, non perde di vista l’estetica dark e nichilista tipica della sottocultura degli anni ottanta che non è mai scomparsa del tutto.

Chiara Picciano