Artista: HERSELF
Album: Rigel Playgound
Etichetta: Urtovox
Distribuzione: Audioglobe
Data di rilascio: ottobre 2018
Quando mi è stato proposto, ed ho accettato, di recensire l’ultima opera di HERSELF (al secolo Gioele Valenti, cantautore e polistrumentista quarantacinquenne palermitano), ho subito dopo esclamato: “Cosa ho fatto? Perché ho accettato di recensire un album così lontano dai miei gusti musicali e dalla mia cultura?”, ma ormai era fatta e non potevo più tirarmi indietro.
Così, ricevuto il press kit, mi sono messo a studiare un po’ la copertina del disco. In una sorta di sagoma a forma di stella (sarà Rigel della costellazione di Orione?) si intravede un cancello con una specie di urna funeraria, sembrerebbe il cancello di un cimitero, sarà questo il playground, l’area di gioco del titolo?
Sono in automobile, inserisco il CD nel lettore, la pioggia ed il traffico sono la miscela ideale per concentrarsi nell’ascolto di un nuovo disco. Parte il primo brano: Another Christian e mi trovo in una atmosfera in bilico fra Bob Geldof ed i Pink Floyd. La musica è accattivante, specialmente pensando che l’album – ad eccezione del brano “The Beast of Love” cantato da Jonathan Donauhe (Mercury Rev, The Flaming Lips), è stato interamente suonato, cantato e prodotto da Valenti. Veramente un risultato notevole.
La stessa atmosfera (ma più Pink Floyd che Geldof) si ritrova anche nei brani seguenti. Tutti molto incisivi musicalmente, ben suonati, a tratti anche orecchiabili (nella accezione positiva del termine), ma c’è qualcosa che – nella mia mente – stona. Intanto sono arrivato in studio, parcheggio, ed al CD penserò qualche ora dopo.
Finalmente è l’ora della merenda e del relax, riascolto il CD sull’impianto dello studio e la sensazione avuta in automobile è confermata. A livello musicale il mix è ben riuscito, tutte le note sono al posto giusto, la voce ben definita ed ancora quella stonatura. Allora inizio a leggere i testi e capisco tutto, ne riporto giusto qualche stralcio, per non rovinarvi la sorpresa.
Another Christian:
Dear God I hate myself
(caro Dio, odio me stesso)
[…]
Dear mom I killed my friends
(cara mamma, ho ucciso i mie amici)
[…]
Think I’m gonna kill another christian
(penso che ucciderò un altro cristiano)
The Beast of love:
Back to your friends
(torna dai tuoi amici)
But they’re sucking your blood
(ma ti stanno succhiando il sangue)
Until the end of the spell
(fino alla fine dell’incantesimo)
You’re under a spell
(sei sotto un incantesimo)
Ecco cosa stonava, cosa strideva nella mia testa: le musiche e le atmosfere accattivanti, quasi ammalianti, suadenti, cozzano con la durezza, la forza, la violenza dei testi.
Appare quasi come un’opera di purificazione da parte di Gioele Valenti.
Ascolto consigliato un po’ a tutti, così come la lettura approfondita dei testi.
Alla fine sono quattro giorni che continuo ad ascoltarlo in automobile ed in cuffia, quando sono in studio, scoprendo ad ogni ascolto qualche nuova sfumatura, qualche nuovo dettaglio.
Però, ad essere onesto, pur facendosi ascoltare con gusto, di questo album non c’è un brano che resti impigliato nella rete della memoria.
Ma sarà l’età (naturalmente la mia).
TRACKLIST:
1) Another Christian
2) Bark
3) Crawling
4) In the Wood
5) The Beast of Love (Feat Jonathan Donahue)
6) The Witness
7) Treats
Davide Visca