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Verdena, sperimentazione (e un pizzico di sana follia) al Fabrique di Milano

All’ultimo concerto dei Verdena, andato in scena il 9 novembre 2015, hanno partecipato centinaia di spettatori, tra fan ostinati e qualche curioso

I pareri sono contrastanti: c’è chi ama le nuove sonorità più indie e melodiche e chi rimpiange il vecchio sound grunge degli esordi. Certo è che all’ultimo concerto dei Verdena, andato in scena il 9 novembre 2015 al Fabrique di Milano, hanno partecipato centinaia di spettatori, tra fan ostinati e qualche curioso.

Sono trascorsi ormai quasi vent’anni da quando la band ha mosso i primi passi dalla provincia bergamasca verso i palchi di tutta Italia, vent’anni di intensa sperimentazione musicale, ripercorribile ascoltando i primi album ad etichetta indipendente fino all’ultimo, uscito questa estate, Endkadenz Vol.2.

Immergersi in un concerto dei Verdena significa non sapere come andrà a finire. Come dichiarato in una recente intervista, infatti, la scaletta di ogni live viene decisa principalmente in base all’atmosfera suggerita dal luogo dello show e dal pubblico. È come assistere a un gioco, dove non contano le regole, ma la soddisfazione di godere di uno spettacolo unico, originale e sempre diverso.

Il concerto al Fabrique di Milano inizia alle 21.30, dopo la bella esibizione di Adriano Viterbini, chitarrista promettente della scena underground italiana, quando una vibrante luce rossa accompagna l’ingresso del gruppo. Al trio originario, formato dai fratelli Luca e Alberto Ferrari e Roberta Sammarelli, dall’inizio 2015 si è unito Giuseppe Chiara, giovane polistrumentista bergamasco.

Uno dopo l’altro, ecco i pezzi migliori del loro repertorio: Cannibale, Fuoco amico, Nuova luce, Caños, Dymo, Vivere di conseguenza, Nova, Colle immane. Un mix geniale di suoni distorti, bassi saturi e potenti, note di pianoforte, in cui la voce tormentata di Alberto si inserisce alla perfezione senza diventare mai protagonista assoluta, modus operandi ormai assodato e identificativo dello stile dei Verdena.

Arriva poi il momento di un grande classico, Muori delay, che conquista il pubblico più affezionato, forse un po’ spiazzato dal sound dei nuovi brani. Ritmiche rilassate e ritmi tesi, un concerto che infila senza sosta Identikit, Razzi arpia inferno e fiamme, Lady Hollywood, Nera visione, Puzzle, Un blu sincero, Badea Blues e Caleido. Luci acide e inquietanti, proiezioni in bianco e nero completano lo scenario, creando suggestioni altalenanti tra eccitazione, angoscia e un pizzico di follia.

Qualche gradita sorpresa viene riservata alla parte finale dello spettacolo, quando torna prepotente il sound grunge di Mina e Ultranoia. A conclusione, non poteva mancare il singolo Un po esageri, seguito da Waltz del Bounty. Un semplice saluto da parte della band chiude le quasi due ore di concerto, un’immersione di rock puro, condito da spunti psichedelici e piccoli tocchi di elettronica. La ricerca di suono che da sempre contraddistingue il gruppo bergamasco ha ancora molto da dirci: saremo sempre felici di ascoltare.

Roberta Zuliani | Foto: Martina Dalla Mora