Qualche ora prima dell’evento alla Feltrinelli in Via Appia, abbiamo incontrato gli Zen Circus e ci siamo concessi una bellissima chiacchierata con Ufo. Abbiamo parlato di dove La Terza Guerra Mondiale porterà gli Zen Circus e di come la musica italiana sia cambiata nel corso della loro lunga ed “esplosiva” carriera.
– Come sta andando la promozione del disco?
Va tutto in maniera eccellente. Il gruppo è al nono album, se le cose vanno bene vuol dire che nel nostro lavoro c’è un valore aggiunto. Nel tempo in cui siamo stati fermi c’è stata una vera nouvelle vague di cantautori, e noi di certo non apparteniamo a questo genere, siamo più vicini al comparto dei Verdena, Ministri: la musica ha preso un’altra strada e noi, non essendo più giovanissimi siamo sorpresi da questo successo.
– “Una guerra mondiale ancora per cominciare una nuova era”, ma come sono cambiati i tempi e come vivete voi questi tempi? Da cosa vi lasciate ispirare?
L’album concettualmente è partito dalla riflessione che già negli album precedenti avevamo cercato di sviluppare. Ci siamo accorti di come la violenza sia veramente onnipresente, anche sulle piattaforme sociali, c’è un clima per certi aspetti molto da anni ’30. Qualsiasi piattaforma social, ad esempio, nasconde una violenza che per ora rimane confinata dietro la tastiera e sfogata solo in privato o magari allo stadio. Da noi ancora approdano fenomeni estremi come quelli di Mass murder, presenti ad esempio negli Stati Uniti, tuttavia ci siamo lasciati portare da questi temi, che hanno influenzato in maniera enorme il lavoro. Andrea, quando ha partorito i testi e i riff, che abbiamo vagliato insieme, è partito proprio dall’idea di un conflitto, inteso non solo in senso classico, ma anche di guerra a livello delle coscienze. A volte la persona fa guerra con se’ stessa: ad esempio, si può fare la guerra con il proprio avatar costruito appositamente per i social, e spesso questo avatar social è molto più cattivo, figo e “guappo”, da qui si arriva ad una guerra generalizzata in ogni campo.
– Tornando proprio alla nuova ondata di musica italiana, voi siete un gruppo che parla ancora di certi temi sociali. Ma oggi manca un approccio del genere nella musica?
Noi veramente abbiamo visto tantissime scene che sono nate in queste anni, dal rap militante al folk , e tutte si sono ripiegate su se stesse. Di cicli ce sono stati veramente tanti, c’è stata negli ultimi anni una tendenza al ritorno, al ripiegarsi su vecchie idee. Pensa un pochino al successo della serie Stranger Things, che riporta fuori Stephen King, Spielber e ripesca negli anni ’80, c’è una sorta di solipsismo. Noi abbiamo avuto un altro approccio, sempre molto rock, e vediamo che c’è una tendenza molto forte di guardare al passato e al retrò. Poi le cose possono cambiare veramente in un attimo, può darsi che domani ci ritroviamo con una nuova fiammata rap. Proprio sul rap è doveroso spiegare che questo genere in Italia si è evoluto molto più del rock.
– Questo concetto di evoluzione del rap in Italia a discapito del rock è molto intrigante: come mai il rock è rimasto indietro?
Il rap era partito in modo naive, poi ha fatto un balzo enorme, con ad esempio il truce clan, un linguaggio tutto nuovo: è stato sul pezzo, contemporaneo. Il rock ha avuto ondate di crescita: in Italia poi c’è il caratteristico fenomeno del cantautorato, che è unico nel suo genere, e che sicuramente non è paragonabile al folk-singer che si trova all’estero. In Italia molto spesso si è inoltre privilegiato il singolo, un cantautore piuttosto che una band.
– Torniamo all’album e in particolare alla sua copertina, definita da voi come un Giano bifronte. Nel disco sono presenti tante immagini di contraddizione: la musica può risolverle?
Non sono così sicuro. La musica e la politica sono un matrimonio che in alcuni casi può apparire combinato, un gruppo come i Clash capita una volta ogni trent’anni. La musica può evidenziare le contraddizioni e può aiutare a immedesimarsi nelle cose: a me durante l’adolescenza la musica ha aiutato in questo senso, perché non mi ritrovavo tanto nello stile di vita dei miei compagni. Una musica, per chi non si sente adeguato, è necessaria e noi vogliamo forse fare proprio questo.
La musica può salvare la vita e deve evidenziare contraddizioni, falle e vie di fuga dal mondo.
– Cosa volete portare alla gente con questo tour che sta per iniziare?
I nostri tour sono sempre stati fatti in gran continuità l’uno con l’altro. La nostra idea basilare è quella di fare una mega festa, è come un compleanno di ogni singolo spettatore. Tutti sono protagonisti nei nostri live, non faremo sicuramente tutto l’album costringendo la gente a subire tutto l’album nuovo, scegliamo i pezzi e li accompagniamo con i nostri brani passati. Sarà in linea con i nostri live di sempre.
– Cosa diresti ad un ragazzo che vuole creare un gruppo rock e cominciare a suonare, magari seguendo il vostro esempio?
Adesso è più facile fare musica. Quando abbiamo iniziato noi difficilmente si trovavano locali o altro, si suonava solo al pub. Oggi i ragazzi sono preparati professionalmente e gli strumenti sono facili da trovare. Il setting mentale è difficile però da trovare, un musicista giovane ora può già con il primo lavoro essere considerato tale, basta guardare Calcutta, Vasco Brondi ecc.
Bisogna però anche stare attenti a You Tube e alle piattaforme usate per promuoversi, perché alcune volte sono veramente dispersive.
Non bisogna avere troppa ambizione: so che può sembrare un controsenso, ma se si pensa di imitare i Muse, così da un giorno all’altro, è molto difficile entrare in questo mondo con i piedi giusti. Si finirà alla fine per fare una cover band.
– I temi che voi affrontate come li vivete personalmente? Vi capita di litigare?
Noi siamo una microsocietà, una famiglia. Quindi spesso litighiamo anche pesantemente su temi in cui abbiamo divergenze molto forti tra noi. Le sintesi delle nostre discussioni sono i dischi e i live. Capita che Andrea, che ha una grande capacità di assorbire queste situazioni, non lo vediamo per una settimana, poi torna da noi con un testo che ci rispecchia veramente in modo profondo, c’è una sintonia totale nel nostro modo di lavorare.
Nel caso di questo album abbiamo messo più tempo perché erano più di 40 canovacci, comunque la band ha la sua rotaia, che non è un automatismo, ma un vero e proprio modo di intenderci, sviluppato grazie a tutto ciò che da tempo facciamo.
– Ultima curiosità: Ufo, mi puoi spiegare questo maxi successo in Bulgaria? Siete infatti decimi in classifica iTunes su Alternative Rock.
Guarda anche per noi è stata una sorpresa. Lo Sziget Festival a Budapest, che è stato un grande successo per noi, sicuramente ci ha aiutato, noi non abbiamo seguito la stampa nell’est, ma forse qualcuno ci ha notato e ci ha segnalato su qualche portale e ha permesso a qualcuno di conoscerci. Ora aspettiamo conferme per vedere se continuerà quest’onda lunga dello Sziget . Alcune volte noi abbiamo suonato fuori, e ci hanno già proposto Bruxelles, che faremmo volentieri. Le date che si vedono ora sono ancora da completare, noi ci riteniamo esterofili e se si supera la barriera della lingua, sarebbe l’ora di cominciare ad esportare. L’import supera sempre l’export, poche realtà si sono fatte apprezzare fuori e vorrei veder cambiare forse più questo che tutto il resto.
Ringraziamo gli Zen per l’intervista e in particolare la nostra vittima, Ufo.
Gianluigi Marsibilio