L’attrice Toscana Marianella Bargilli debutterà al Campania Teatro Festival di Napoli il 6 e 7 luglio con “Una stanza tutta per sé” pièce teatrale liberamente tratta da Gian Maria Cervo dall’omonimo saggio di Virginia Woolf con la regia di Alessio Pizzech. Incontriamo la protagonista:
– Cosa significa tornare a recitare dopo tanto tempo?
Quello che ci è successo è davvero una parentesi molto faticosa e dolorosa per tantissimi motivi, ha colpito duramente molte categorie tra cui anche quelle come la mia, la cultura, quindi tornare a recitare ed avere un pubblico significa anche riportare quello che è il senso del nostro lavoro nel suo luogo specifico, con le persone e quindi nella sua normalità. L’attore recita in palcoscenico in un teatro davanti a un pubblico che sia all’aperto, al chiuso o per strada, ma sempre in una condizione di scambio.
– Nella tua già lunga carriera in teatro hai interpretato molti personaggi ne ricordi qualcuno con più affetto?
Ho interpretato tantissimi ruoli diversi tra loro per motivi diversi, mi piace sperimentarmi da ruoli drammatici a tragici, comici o classici. Ogni volta ho amato i miei personaggi intensamente anche perché ci rimani attaccato per mesi e mesi, non è una rapporto che finisce in una settimana o due, li porti con te, nella tua vita per, se tutto va bene e le tournée funzionano, almeno due stagioni, il che significa veramente tanto tempo. Questo per dire che ogni personaggio mi ha regalato, dato, trasmesso, coinvolto moltissimo. Certo, ce ne sono stati alcuni che hanno segnato degli snodi della mia carriera, uno in particolare Eliza Doolittle nel “Pigmalione” di George Bernard Shaw con la regia di Roberto Gucciardini, un personaggio infinito, meraviglioso, pieno di energia e joie de vivre quindi carico, una delle prime e più grandi esperienze che mi ha portato tanta fortuna come la nomination come miglior attrice emergente protagonista, è stato indimenticabile, ho ancora degli oggetti di questo personaggio che stanno con me. Di ogni personaggio conservo qualcosa che tengo sul comodino.
– Com’è stato il tuo incontro con Virginia Woolf?
Quello con Virginia Woolf è un incontro bellissimo in un momento di vita in cui ci si rende conto che non poteva che essere così, dovevo avvicinarmi a questo personaggio, avevo in pasto letto alcuni dei suoi libri, ma qui stiamo facendo un lavoro profondo per entrare, attraverso una drammaturgia contemporanea in un mondo che appartiene a questa meravigliosa visionaria della vita. Interpretarla è bellissimo, faticoso, impegnativo, stimolante. La mia intenzione non è fare Virginia Woolf, ma capirla, in Una stanza tutta per sé ci sono molti messaggi, molto lucidi, espliciti, quindi la mia intenzione è poter riportare le sue parole ad una vita, a tradurle in teatro, trasmetterle al pubblico e regalare quello che lei faceva con la scrittura.
– Cosa ti ha convinta del testo di Gian Maria Cervo?
La scrittura di Gian Maria Cervo è un’operazione di drammaturgia contemporanea per cui è un mashup come faceva Virginia Woolf nei suoi libri come Orlando dove la scrittura viaggiava nel tempo. In questo testo si viaggia nel tempo, attraverso situazioni, epoche, stimoli, tradotti un grande mashup drammaturgico in cui il messaggio è chiaro si parla delle donne della loro forza, della loro libertà, potenza, capacità, arte… bellissimo.
– In che modo questo testo parla alle donne di oggi è a te?
Credo che a un certo punto della vita attraverso situazionali vissute, si prende più consapevolezza della nostra forza, posizione, capacità. Bisognerebbe che questo succedesse sempre, che ci fosse riconosciuta la nostra posizione, ma abbiamo dovuto combattere, ancora combattiamo. In questo frangente Virginia era molto chiara lei ha avuto una vita complicata da tanti punti di vista, emotivi, sentimentali, lavorativi, e in qualche modo si è fatta paladina di certe cose, è molto moderna, parla alle donne del suo tempo come parla a me con un linguaggio moderno.
– Chi sono i tuoi compagni di avventura?
Alessio Pizzech è il regista, Rosario Minardi mio compagno in scena contraltare maschile in questa struttura drammaturgica poi c’è Gian Maria Cervo che ha curato la riduzione teatrale e Mario Incudine uno straordinario musicista che ha scritto e strumentalizzato delle uniche per questo spettacolo e Diego Fiorini che si occupa dei costumi ovvero l’anima dei tessuti che vivranno addosso a questi personaggi, Riccardo Gargiulo fa le scene luci, l’impianto scenico è suo, Tommaso Carrei il nostro meraviglioso assistente, cito tutti perché siamo un bel gruppo di lavoro e speriamo che tutto questo riesca a trasmettere quello che vogliamo e possa avere un seguito.
– A quali altri progetti teatrali stai lavorando?
Dopo Napoli sarò a Lampedusa un’isola importante a fare uno spettacolo che si intitola Refugees respiro dei migranti, regia di Ugo Bentivegna uno spettacolo che sto portando in giro da tre anni e il titolo racconta da solo l’argomento e lo faremo al Festival dell’amore a Lampedusa un festival dedicato ad una giornalista in un contesto importante per il tema. Anche in questo spettacolo ci sono degli incontri temporali, si parla di noi quando nel Novecento partivamo per l’America a cercare fortuna e delle persone che arrivano in Italia per cercare di sopravvivere. Sono molto felice di fare questo spettacolo perché sento ascolto voci reali, un ragazzo che lavora con noi è arrivato con i barconi, e preso consapevolezza e come ogni volta anche con questo spettacolo sento di fare un passo verso il pubblico e di trasmettere un messaggio. Poi ad ottobre uscirà il film che ho girato Tramonto a Nord Ovest per la regia di Luisa Portino e sono molto curiosa perché è una storia che ho amato molto, girata sui monti svizzeri in un alpeggio e mi sono divertita molto con il mio personaggio e non vedo l’ora di vederlo al cinema.
Poi in autunno riprenderò la tournée di “Uno nessuno e centomila” di Luigi Pirandello con Pippo Pattavina regia di Antonello Capodici.
Elena Torre