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Le Luci della Centrale Elettrica Live @Monk Club Roma

“Mi sono immaginato uno spettacolo teatrale da fare nei bar. Delle serate di caos silenzioso. Un concerto per sole chitarre, computer e parole. Come qualche anno fa, in tutta tranquillità”

“Mi sono immaginato uno spettacolo teatrale da fare nei bar. Delle serate di caos silenzioso. Un concerto per sole chitarre, computer e parole. Come qualche anno fa, in tutta tranquillità”.

Con queste parole, il ferrarese più giovane e più amato dei nostri giorni, Vasco Brondi, alias Le luci della centrale elettrica, annunciava dalla sua pagina facebook “Con la chitarra e il computer” tour, il nuovo spettacolo itinerante dell’artista che stavolta decide di tornare alle origini e cioè di tornare a suonare nei piccoli club. Proprio come quando esordì, ormai ben quasi nove anni fa.

Stasera, al Monk Club di Roma, Vasco Brondi, accompagnato solo da un notevole chitarrista e dai suoi molteplici effetti computerizzati, Andrea “Cabeki” Faccioli, dimostra come la riuscita della cosa sia stata all’altezza delle sue aspettative, tanto da ringraziare in anticipo il suo pubblico fedelissimo “perché in grado di assecondare e soprattutto di capire le sue volontà per questo concerto”. In effetti è cambiato tutto parecchio dall’ultima venuta di Brondi nella capitale: per quella occasione infatti la location era decisamente diversa, si trattava di un grandissimo palazzetto, il concerto era in elettrico, si doveva presentare il disco appena uscito. Niente a che vedere insomma con tutto ciò che ci aspetta stasera.

Il locale, seppur gremito, seppur con decine e decine di persone rimaste in piedi, è decisamente contenuto quanto a capienza, sul palco ci sono solamente due persone con due chitarre e non si tratta della presentazione di un nuovo lavoro, ma di uno splendido amarcord di quelli passati. “In una recente intervista ad un musicista ho letto che a quest’ultimo faceva strano che più diventava conosciuto più non riusciva a vedere la gente ai concerti, perché sempre di più e quindi sempre più piccola, come era sempre più piccolo lui per loro, sul palco. Ho pensato che fosse qualcosa di assolutamente vero, quindi eccoci qua”. Così Vasco Brondi continua a motivare la sua scelta. E il pubblico, adorante e silenzioso, accetta e apprezza. Cellulari spenti, luci soffuse, atmosfera intima e raccolta: è quello che Vasco voleva, quindi il concerto può iniziare.

Si pare con ‘I destini generali’, uno dei pezzi più amati dell’ultimo album de Le luci della centrale elettrica, Costellazioni (La Tempesta Dischi) e si assiste per un’ora e mezza di pura magia ad un concerto meravigliosamente essenziale, parlato, sentito, come non siamo più abituati ad assistere. La scaletta accontenta tutti, visto che ripercorre non solo i brani dell’ultimo disco ma anche quelli dei dischi precedenti che hanno segnato la meritata esplosione di successo per il cantautore di Ferrara, da Canzoni da spiaggia deturpata a Per ora noi la chiameremo felicità (La Tempesta Dischi): da ‘Cara catastrofe’ a ‘L’amore ai tempi dei licenziamenti dei metalmeccanici’, da ‘Firmamento’ a ‘Una cosa spirituale’, da ‘Quando tornerai dall’estero’ a ‘Piromani’, da ‘Macbeth nella nebbia’ a, naturalmente, ‘Per combattere l’acne’, per poi passare, nel frattempo, a due cover importanti quali sono ‘I provinciali’ dei Baustelle e ‘Amandoti’ dei CCCP, reinterpretate con intensità, sentimento, bellissima imprecisione, così come solo Vasco Brondi sa fare. Il tutto è una carica emozionale in costante evoluzione. Il concerto terminerà con una versione definita da Brondi “da spiaggia”, ovvero con due voci e due chitarre staccate dagli amplificatori che intonano assieme al pubblico ‘Questo scontro tranquillo’. Tra racconti di vita personale, suggestive e profonde letture di Vasco di scritti tratti dai libri di Fellini e Pasolini e tra il riassaporare il gusto delle canzoni “cantate così come sono uscite la prima volta”, quindi in un certo senso spogliate, denudate, quasi più vere e autentiche, il pubblico capitolino assiste stasera ad uno show che va oltre il concetto di concerto: si tratta di un vero e proprio spettacolo che reca in sé un’esperienza unica e quasi extra sensoriale, offerta da un ragazzo curioso, geniale, che ha fatto della rielaborazione del citazionismo colto, letterario e poetico, la cifra stilistica dei suoi testi bellissimi e a volte piacevolmente incomprensibili.

Il pubblico che segue, affezionatissimo, Vasco Brondi, oramai canta con nonchalance dei gatti egocentrici, delle farmacie compiacenti o dei capelli che sono fili scoperti, ben conscio che il cantautore in questione rappresenta un innegabile poeta urbano dei sentimenti metropolitani degli ordinari giovani e vecchi sbandati di oggi. Una perla di concerto, insomma, a dimostrazione che, nonostante i suoi occhi perennemente stralunati e l’aria di chi ancora stenta a credere al suo successo, Vasco Brondi rappresenta davvero una di quelle alternative al futuro di cui parla in un suo testo, musicalmente parlando.

Francesca Amodio