INTERVISTE Le Interviste Impossibili

LE INTERVISTE IMPOSSIBILI: Luigi Tenco, io sono uno…

Cosa sono LE INTERVISTE IMPOSSIBILI? Sono la possibilità di far rivivere “in parole” personaggi storici della musica, ponendo loro domande ed ascoltando le loro risposte. Un gioco, sì… ma anche un esercizio antropologico e sociologico che ha richiesto numerose ore di studio, tra filmati di repertorio e testi originali, per cercare di compenetrare la profondità degli artisti, comprendere come loro avrebbero effettivamente risposto alle domande di Qube Music. Con i loro tic, il loro linguaggio ed il loro modo di fare.

IN QUESTA NUOVA USCITA: LUIGI TENGO

Piemontese di nascita ma genovese di adozione, Luigi Tenco è stato senza ombra di dubbio il cantore dei lati più oscuri di quei “favolosi anni 60”.
Artista unico, capace di produrre in un lasso di tempo piuttosto breve un repertorio di canzoni impressionante poggiato su testi immortali, in grado di colpire l’ascoltatore nel profondo.
Risvegliandone coscienze e conoscenze.
Il tutto, fino a quel tragico epilogo, la sera del 27 gennaio 1967, durante lo svolgimento di Sanremo che, di fatto, proiettò un’ombra inquietante su tutta la canzone d’autore e la musica “alternativa” dell’epoca, consacrando Tenco a quel ruolo di eroe incompiuto che forse, esso stesso, avrebbe oggi ben poco gradito.

– Tenco, salve! Abbiamo pensato di importunarla perché la 69esima edizione del Festival di Sanremo, come forse saprà, è ormai alle porte e ci piacerebbe ascoltare il parere di qualcuno autorevole ma, soprattutto, competente in materia di musica italiana. Allora Luigi: che Festival sarà, secondo lei? Vede aria di sostanziali novità all’orizzonte?

Mah, guardi… la musica, oggi, ha sinceramente più o meno tutta lo stesso sapore. Certo, esistono e soprattutto resistono ancora delle importanti differenze fra autore ed autore ma, più o meno, direi che siamo lì. La musica italiana, della vostra epoca, ritengo abbia intrapreso un percorso ben preciso e, a leggere i nomi degli artisti in gara, può capitare di trovarsi di fronte a qualche equivoco.

– Intende dire che, gira che ti rigira, propongono tutti le stesse cose? Sono gli artisti… l’uno il clone dell’altro?

No no, ci mancherebbe altro! Dico solamente che si fa fatica a capire e comprendere appieno l’unicità dell’uno, rispetto all’altro… ecco!

Parlo per me, sia chiaro! – ma è facile oggi ascoltare alla radio un brano e pensare che sia di “tizio” quando, invece, a cantarlo è “caio”! Lo sa, invece, cosa si dovrebbe fare?

– No, cosa? Ci illumini, per cortesia!

Si dovrebbe ricominciare ad attingere a piene e mani dal nostro patrimonio musicale nazionale! Che è senza dubbio un patrimonio importante.

Le spiego: il patrimonio folcloristico di ciascuna nazione, ad esempio, è talmente sconfinato che ogni cantante o compositore, potrebbe trarne spunto mantenendo, comunque, inalterata la sua personalità: se c’è chi vuole esprimere malcontento, può protestare, se ad un altro interessa invece solamente far ballare la gente, può agire in tal senso.
Un paese che riesce a modernizzare le sue radici ha già vinto! Essendo però, da sempre, la musica un fatto squisitamente commerciale, per raggiungere tali vette sarebbe quanto mai determinante una collaborazione a 360 gradi: cantanti, etichette, uffici stampa, autori, giornalisti. Tutti a disposizione della “nostra” musica, insomma…

Ecco, solo così si creerebbe diversità. Sì, perché se dentro le canzoni ci si mettono le idee, queste poi si veicolano proprio grazie al potere della musica. Solo che bisognerebbe cercare sempre il modo giusto di diffonderle adeguatamente, queste idee. Con strumenti adatti rispetto alla società a cui ci si rivolge. Che poi c’è anche da dire che, questa storia dell’essere scambiato per qualcun altro, musicalmente parlando, va avanti da sempre e, ai miei tempi, lo scenario non era affatto troppo differente, sa?

– Perché lei, ad esempio, con chi veniva scambiato? Ce ne parli…

Specie agli inizi della mia carriera venivo spesso scambiato per Nico Fidenco  ma, le confesso: la cosa non mi procurò mai grossi fastidi… questo perché, in me, era ben radicata la consapevolezza di cantare in maniera totalmente differente da lui.

Così come anche i miei testi, di base, ben poco avevano in comune con la sua discografia; o almeno è così che speravo allora e spero, ovviamente, anche oggi.

Vede, io posso andar fiero del fatto di non aver mai accettato compromessi con nessuno, ma solo perché ero incapace di farli! Non riuscivo mica a venire a patti con la mia coscienza, con le mie convinzioni, io…

Ero ciò che ero, insomma.

Con le mie ribellioni e le mie insofferenze. Che poi la mia di protesta non aveva alcuna base intellettuale, sa?!? Essa, semmai, nasceva proprio dal quel sentirsi estraneo a certi meccanismi.

– Oltre che nel modo di suonare e di proporre le vostre idee, eravate diversi ad esempio anche nel look, ci pare… o no?!? Lei, insomma, è sempre stato un tipo “senza cravatta”, ecco!

La prego, non apriamo la questione degli stili e dei modi di vita differenti! All’epoca, ad esempio, mi espressi già circa la polemica “capelloni sì, capelloni no” e sono pronto a ribadire anche oggi che i capelli (questione su cui, all’epoca si dibatteva molto ndr) non sono mai stati indice della personalità di un individuo… di un personaggio pubblico.

Personalmente, ho sempre ritenuto che ciascuno di noi fosse libero di comportarsi come meglio gli pareva! E lo pensavo ieri come oggi. Ci scrissi su anche un pezzo. Si intitolava – si intitola, anzi – “Ognuno è libero”! E per queste affermazioni, all’epoca, venivo etichettato come “rompiballe”.

Sì, perché magari, nel bel mezzo di una trasmissione incentrata sulla musica, io me ne uscivo con discorsi sulla polizia che arrestava i capelloni o roba simile. Insomma, anziché scrivere canzoni che parlavano di fiorellini, per guadagnare dei soldi facevo canzoni che parlavano di cose in cui, io personalmente, credevo veramente.

– Facciamo però ora un passo indietro, Luigi. Chi era Tenco prima di essere un artista affermato nonché uno dei più importanti cantanti italiani?

Affermato? Importante? Mah, sinceramente non ho mai pensato di essere né l’uno né l’altro. Ero, semmai, uno che prima di consacrarsi definitivamente alla musica studiava scienze politiche. La musica per me era piuttosto un hobby. E forse, a rifletterci bene, è sempre stato così. Ad esempio, io, non ho mai fatto serate perché, fondamentalmente, non amavo l’idea di farmi pagare per cantare. E poi, essendo un tipo piuttosto riservato, ritenevo dovessero esserci ambienti e contesti adatti per esibirsi dal vivo. Ero uno che si imbarazzava facilmente.

Quindi, ripensandomi, assomigliavo più che altro ad un tipo da recital!

– Da recital?!? In che senso?

Nel senso che mi vedevo bene a spiegare i miei testi, prima dell’esibizione. Così per focalizzare meglio il senso di ogni mio pezzo.

Vede, le canzoni per me servono a far pensare e, muovendosi in una dimensione così elevata per una moltitudine di argomenti trattati, sono in grado di agire in maniera molto più estesa rispetto, ad esempio, alla stessa opinione pubblica. Per contrastare certe idee, la canzone può avere quindi un’efficacia certamente anche maggiore.

Allora cullavo l’idea di far capire, grazie ai miei brani, chi fossi realmente, ma non credo di esserci mai riuscito del tutto…

Ed infatti, è andata come è andata…

– E com’è che è andata, Tenco? Adesso può dircelo, le pare?

E invece lui ci guarda, sorride… e se ne va…

Bruno Pecchioli