Dario Campagna giornalista-fumettista nasce a Palermo nei mitici anni ’80 (classi di ferro quelle di quegli anni… modestamente anche la sottoscritta ne fa parte). Studia all’Università di Urbino e si interessa al giornalismo senza motivo (dice lui). Collabora con varie testate online e cartacee, diventando malauguratamente (dice sempre lui) giornalista pubblicista. Nel 2009 fonda e dirige il sito multiautore di attualità e satira La Rassegna Stagna, prima di cedere il testimone a un amico fidato. Viene poi chiamato da Vincino a partecipare alla redazione del settimanale di satira Il Male di Vauro e Vincino. Ora, oltre a collaborare con varie riviste “terrestri e non” racconta “storie e altre robe fumettandole”.
– Nella tua bio dici di essere malauguratamente diventato un giornalista pubblicista, perché questa affermazione?
Beh, non penso di essere l’unico a pensare che sia una macchina mangiasoldi di antico retaggio. Tuttavia io per primo mi volli iscrivere anni fa, sai com’è, ti sentivi figo col tesserino di pelle umana, poi insomma, arriva il momento di pagare la quota annuale o di fare quei noiosissimi corsi di formazione obbligatori e vorresti un po’ gettare qualche molotov qua e là.
– Come tutti hai iniziato a disegnare da bambino, ma poi hai smesso e hai ricominciato da adulto. Spiegacelo.
Diciamo che a disegnare ero una sega da bambino, anche se qualcosa di interessante (ma angosciante) su qualche quaderno l’ho beccato dopo anni. Ma anche dopo ero una sega, hai presente quei pupini 2D con l’anatomia impossibile fatta di ovali e rettangoli? Era quello che disegnavo sui diari dei miei compagni ad esempio, la forza stava nel balloon o nell’idea non-sense che faceva ridere. Poi ogni tanto mi mettevo a copiare cose più strutturate e mi riuscivano pure bene, ma nulla più. Il discorso si collega al tesserino da giornalista di prima: nasco come giornalista scribacchino (ma quanto mi seccava…), mi iscrivo all’ordine e dopo un po’ capisco che scrivere e basta mi secca da morire. E là ho virato completamente.
– Il tuo maestro, se non erro è Vincino. Come è iniziato tutto?
Eh, appunto. Ho conosciuto Vincino al festival del giornalismo di Perugia 2010. In quel periodo io e dei miei amici avevamo una sorta di testata online multiautore in cui scrivevamo cazzate e robe a senso nostro di satira che però non infastidiva quasi mai nessuno di quelli che contano (come quasi tutta la satira attuale d’altronde) e giravamo per Perugia con una telecamera a spalla a intervistare tutti e fare i cretini. Vincino all’inizio con me non ci voleva parlare, e faceva bene, poi appena ha capito che di storia della satira un po’ ne sapevo, e lui ama raccontare la sua storia, si è proprio sciolto. Da là è nato un rapporto più o meno epistolare, lui un po’ ci seguiva, e dopo qualche mese ci fu data la possibilità di entrare nella redazione del Male, il revival del settimanale di satira di tanti anni fa che lui e Vauro hanno provato a rilanciare nel 2011. A Vincino devo praticamente tutto: in qualche modo mi ha preso con sé a scatola semichiusa, si è fidato e grazie a lui mi sono rimesso a disegnare sul serio. Mi ha pubblicato delle schifezze rare, disegnate malissimo e con idee ancora acerbe e solo dopo la chiusura della rivista mi sono messo d’impegno, giorno dopo giorno, a trovare uno stile che mi appartenesse. Devo dire anche che al Male ho imparato davvero tantissimo, dalla colorazione digitale ai tempi e modi delle battute, ma chiaramente devo ancora imparare molte cose. Quindi il mio rivolgermi a Vincino come maestro è soprattutto un segno di riconoscenza. Ma anche l’apprezzare la costruzione delle sue vignette, un po’ sgangherate ma dinamicissime e aggraziatissime, con didascalie, sempre diverse, sempre imprevedibili. Odio la costruzione della vignetta “A dice una cosa, B fa la battuta”, c’è chi fa solo questo e la considero davvero la morte a fumetti. Vincino invece sta al passo con i tempi, ci sta dietro nonostante la velocità del tutto e racconta, racconta. Ecco, io cerco di raccontare come lui (ma figuriamoci) senza legarmi a noiosi schemi predefiniti, o almeno ci provo.
– In #Allweekinasketch racchiudi in una sola vignetta gli eventi salienti di una settimana. È un’impresa difficile?
A volte per niente, succedono dei fatti talmente eclatanti alcune settimane che le idee vengono quasi da sole. Altre volte sì, perché non succede praticamente nulla (o almeno di quelle notizie che creano gran chiacchiericcio) e quindi sai già in partenza che il lettore non collegherà subito la roba senza senso che si trova nel disegno con una notizia ben definita. Infatti quando si alzano quegli inutili polveroni di polemiche trascinate per giorni, anche sulle stronzate, io esulto.
– Tu sei un siciliano girovago ora trapiantato a Roma. Come vivi questa città e quanto le sei legato?
Vengo a Roma da quando ero piccolo e ci ho passato anche lunghi periodi, quindi è normale che la vivo come la mia seconda città, è comunque la città che conosco di più oltre a Palermo, dove sono nato.
Quindi che dire? Roma è enorme, caotica, ti succhia l’anima, ma è come se mi abbia sempre dato l’impressione che tutto possa succedere qua. La politica, la frenesia, i contatti che, per quello che faccio io, sono fondamentali. Poi magari non è vero niente, e stai a Roma un po’ senza motivo, o comunque potresti stare anche da altre parti e venire quando serve. Voglio bene a Roma, ci sono tanti lati stupendi, ma non resterò ancora per molto tempo. Ho bisogno di una realtà un po’ più vivibile.
– Se non avessi fatto il giornalista-fumettista, cosa avresti voluto fare da grande?
– Ma sai che non ne ho idea? Ho cambiato un po’ parere strada facendo e penso che sia molto positiva questa cosa. Come fai a 18 anni a sapere con esattezza quello che dovrai essere? Cioè, può succedere, ma insomma… Sicuramente so quello che non avrei mai fatto: astronauta, soldato, poliziotto, medico, avvocato, ingegnere, economista, calciatore. Restava solo il giornalista-fumettista.
– Qualche anticipazione sui tuoi prossimi lavori per noi di Qube Music e Il Quorum?
Ho un paio di idee in testa per delle storie lunghe, una più leggera e una che potrebbe richiedere 10 anni di lavoro. Di quest’ultima secondo me faranno la serie tv ancor prima dell’uscita del mio libro.
– Viaggiando con la fantasia, con quale artista fumettista ti piacerebbe un giorno poter collaborare?
Visto che mi dici di viaggiare con la fantasia, allora ti dico che mi sarebbe piaciuto collaborare con Andrea Pazienza, o comunque con tutto quell’insieme di autori (alcuni ancora vivi) che fecero Il Male negli anni ’70-’80. Vincino ogni tanto racconta di quei giorni (e di quelle notti) passati a disegnare, inventare, cazzeggiare tutti insieme. Non penso che attualmente in Italia ci sia più niente del genere e mai più ci sarà.
– Che rapporto hai con la musica? Consigliaci un album.
Fondamentale è dire poco. Potrei dirtene tanti, ne pesco uno del mio gruppo preferito da anni, giusto perché sono affezionatissimo anche se non li ascolto più così spesso. Depeche Mode, Songs of Faith and Devotion.
– Prescrivi un libro o un fumetto per i lettori della mia rubrica Literary Prescriptions.
Cos’è Literary Prescriptions???
Ringrazio veramente tanto Dario Campagna per la sua disponibilità e la sua simpatia, anche per aver “cojonato” (come si dice a Roma) un po’ la mia povera rubrica di libri senza rivelarci i suoi gusti.
Ammetto di aver “rosicato”. Però cosa mi potevo aspettare da uno che fa satira? Che non mi prendesse un po’ in giro?
Francesca Romana Piccioni | Foto: su concessione dell’Artista