INTERVISTE NEWS

Intervista a Chiara Vidonis

“Gli artisti a cui sono più affezionata sono Dente, Zen Circus, Giorgio Canali, Paolo Benvegnù, Cristina Donà. Tutte realtà che valgono per la strada che hanno fatto e per quello che hanno costruito”…

– Ciao Chiara, raccontaci il tuo percorso artistico. Il tuo album di debutto sta riscuotendo un notevole successo, come ti senti di fronte a questa notorietà.

Ciao! Io sono musicalmente nata con una chitarra in mano e un foglio bianco su cui scrivere. Non appena ho avuto un po’ di indipendenza nel suonare ho capito che avevo esigenza di esprimermi attraverso la musica, in particolare attraverso la forma canzone. Ho sempre amato i cantautori classici, il peso delle parole, la musicalità della nostra splendida lingua, le sue infinite possibilità, ma anche le sonorità del rock. Ho ricercato una sorta di unione tra le due cose.

Ho sempre suonato tanto, considerato il live cosa fondamentale per la mia crescita, per conoscermi meglio musicalmente, per trovare una mia via di espressione. Il mio percorso artistico e’ sempre stato dipendente dal contatto con il pubblico, dalla voglia di comunicare me stessa a chi mi ascolta. Quando ho deciso che i tempi erano maturi per un primo disco mi ci sono totalmente immersa, creando un collettivo di persone che hanno abbracciato il mio progetto con passione e dedizione. Ne è uscito il disco che volevo, come lo volevo e come per me doveva essere per avere un senso. Sono molto soddisfatta del riscontro che in questi primi mesi di vita ha avuto e sta avendo “Tutto il resto non so dove”. Considerando che è una totale e pura auto produzione, sono soddisfazioni che arrivano a me e a tutte le persone che hanno lavorato al disco. E’ un disco sincero, non segue logiche diverse dalla volontà di realizzare un sogno, un disco che mi rappresentasse. Per fortuna molte persone lo stanno capendo e mi stanno seguendo per questo, sono molto grata di tutto ciò, per me è benzina per continuare a fare musica come ho sempre pensato debba esser fatta.

– Raccontaci la realizzazione di “tutto il resto non so dove”

Circa 4 anni fa mi sono resa conto che stavo iniziando a scrivere finalmente in un modo che mi rappresentava pienamente. Può sembrare un po’ assurdo ma è così. Ho sempre scritto, ma mi sono sentita veramente libera di scrivere cose che mi assomigliassero solo recentemente. Così ho deciso che andava fatto un disco. In questi 4 anni ho avuto compagni di viaggio che si sono persi per strada e altri che invece hanno deciso di portare fino in fondo questo progetto. E siamo andati dritti per la nostra strada. Ho messo in piedi un gruppo di lavoro che andava dai musicisti, al produttore artistico, al grafico… tutti ben focalizzati sul disco. Ogni canzone ha il suo vestito, il disco è per questo molto vario, ci siamo divertiti a sperimentare un po’ con gli arrangiamenti, anche a costo di sembrare anacronistici, in un’epoca in cui i dischi si fanno a casa e non necessariamente in uno studio, con dei musicisti… ma io ho un debole per le belle produzioni, siano esse realizzate con due suoni che con un’orchestra intera. Insomma, questo per dirti che sono molto contenta di come ho realizzato il mio primo disco.

– Cosa ne pensi della scena musicale odierna? Se dovessi consigliare a un giovane esordiente i “trucchi del mestiere” cosa gli diresti? Cosa ne pensi dell’ormai notissimo crownfunding? Il talent, a tuo parere, è un buon trampolino di lancio? Quali sono i prossimi appuntamenti live?

Sono contenta di vedere del fermento in ambito indipendente, di vedere che molti artisti che partono senza le spalle troppo coperte poi hanno comunque la possibilità di vivere di musica grazie al pubblico che si sono conquistati con concerti, dischi e senza scorciatoie. E’ un tipo di percorso che ammiro molto, fatto di fatica e contenuti. Si può fare insomma, nonostante ci abbiano cresciuto con l’idea che l’unica strada possibile fosse il talent. Che poi finalmente ci si rende conto che il vero obiettivo è quello di poter vivere della propria musica senza svenderla, non di arrivare a un fantomatico successo che nemmeno sappiamo bene in cosa dovrebbe consistere. Per me rimanere con i piedi per terra all’interno di un sogno da realizzare è fondamentale.

Gli artisti a cui sono più affezionata sono questi: Dente, Zen Circus, Giorgio Canali, Paolo Benvegnù, Cristina Donà. Tutte realtà che valgono per la strada che hanno fatto e per quello che hanno costruito.

Direi che non ho nulla da consigliare a nessuno… anzi, avrei ancora molto da imparare ed è proprio questa la cosa che più mi interessa della musica. Poter scoprire attraverso di lei cose nuove di me. Questo è quello che mi auguro facciano tutti i cantautori, al di là della ricerca spasmodica di apprezzamenti e successi.

Quello però che vorrei dire, se si può definire consiglio, è che se hai davvero voglia di realizzare un disco, di metterti in gioco, devi trovare il modo per farlo tu in prima persona, senza aspettare che arrivi il produttore che non esiste più, il talent scout che non esiste più, la casa discografica che investe su di te sconosciuto che non esiste più.

Ognuno è il primo responsabile della realizzazione o del fallimento del proprio sogno. Quindi avanti tutta e trovare il modo per fare le cose che abbiamo in mente di fare.

Il crownfunding è un buon metodo per riuscire a farsi finanziare un progetto garantendo ai propri investitori qualcosa in cambio. Lo trovo onesto e limpido, un metodo sacrosanto per trovare dei fondi. Ormai tocca ingegnarsi e provarle tutte, credo che ci siano troppi criticoni a riguardo, persone che stanno sedute sul divano a denigrare la scelta di qualcuno di mettersi in gioco non chiedendo elemosina a nessuno.

Io non ne ho usufruito per questo mio primo disco ma non avrei problemi a farlo se ne dovessi avere bisogno in futuro.

Il talent, in teoria potrebbe anche essere un trampolino di lancio, nella realtà è spesso la morte della sana gavetta. Nel senso che ci sono troppi illusi che partecipano a questi programmi televisivi convinti di svoltare. Io non li guardo quasi mai, mi viene l’ansia ad immedesimarmi nel cantante di turno, osannato durante il provino con pubblico in delirio e dopo cinque minuti nessuno si ricorda nemmeno il suo nome. E invece lui ride felice della considerazione avuta. Ma non è reale, è un meccanismo televisivo fatto di esaltazione momentanea, di un successo che non esiste. Ormai sono 20 anni che vediamo in tv almeno un talent l’anno far passare molti sogni come merce con cui fare audience. E quanti personaggi realmente in grado di costruirsi una carriera grazie al talent ci sono stai? Una decina forse… ma già è tanto. Un po’ pochi direi. Sono cose che la gente non considera e spesso mi sento dire “ma perchè non partecipi ad un talent? Ormai diventano famosi solo quelli”. E’ una cazzata ovviamente, un’illusione totale, ma in genere nemmeno rispondo, sorrido e dico “no grazie”. Certo, se sei un interprete e quindi non scrivi canzoni tue la vita è più dura perché i tempi sono cambiati…ma la cosa per fortuna non mi riguarda.

In sostanza, per me sarebbe deleterio partecipare ad un talent, non mi interessano e credo di non essere nemmeno adatta a questo tipo di situazioni. E credo che sempre meno persone ne abbiano bisogno per emergere, abbiamo molti esempi di chi è riuscito a guadagnarsi l’apprezzamento e l’affetto del suo pubblico semplicemente con la propria musica.

Flavia Elisabetta Munafò