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Il ROCK ‘N’ ROLL della SPIA

Adrenalinico concerto di Marco Ongaro per “La spia che ti amava” all’Esoteric Proaudio Theater

Iniezioni di adrenalina a cuore aperto all’anteprima del disco “La spia che ti amava” di Marco Ongaro nel club Esoteric Proaudio Studio di Villafranca (VR).

Il pubblico venuto ad applaudire la proverbiale eleganza compositiva del cantautore veronese, noto per l’ironia e il disincanto di una poesia mai rinsecchita, si è trovato ad assistere a un concerto pieno di energia, in cui i testi solitamente stratificati dell’artista si sono presentati in veste agile e vivace grazie alle sonorità rock del gruppo Le Cifre.

La title track del disco in uscita il prossimo febbraio per la Long Digital Playing di Milano ha subito folgorato la platea con il suo andamento alla Chuck Berry. Come non riconoscersi ne “La spia che ti amava”, preceduta da una dedica a tutti quelli che spiano e sono spiati sul cellulare dai rispettivi coniugi?

E poi di seguito gli altri brani nell’ordine esatto dell’album: la sineddoche de “Il gelsomino” con la vaga atmosfera alla “Everybody’s talking” di Harry Nilsson, la candidamente caustica “S.r.d. (Società a responsabilità disperata)”, autentico museo del rock dai Beatles ai Sex Pistols attraverso Vasco, la partecipe “Lo sfondo” tra arpeggio di chitarra e sintesi ritmica sfilata ai Police.

E ancora: il teso funky di “Concorsi di poesia senza poeti”, che nel ritornello nasconde sapori subliminali da scampagnate di giovani scout, la visione post-apocalittica, o post-pandemica, di “Una via di fuga”, con le sue personificazioni da reinsediamento umano sul pianeta Terra.

“Ritratto di donna scomparsa” riapre la metafora spionistica sugli indizi di un’assenza, indagini, ritrovamenti, Chopin e Santana che vanno a braccetto. Una sensibilità biblica attraversa l’atmosfera rarefatta di “Ma tu sorridi”, in cui attese infantili da Giardino dell’Eden lasciano intravvedere un cupo avvenire di abusi. Poi in una sorprendente miscela tra Black Sabbath, Tom Waits e Ennio Morricone, “Aveva un uomo” sciorina gli scongiuri di una donna sospesa nell’attesa di un destino.

La tradizionale incursione di Ongaro nelle traduzioni regala al pubblico la poderosa epopea steinbeckiana di “Pastures of Plenty” di Woody Guthrie, che nel celebrare i “Pascoli verdi” succeduti alle migrazioni obbligate dalle tempeste di polvere negli USA del secolo scorso esalta la figura del migrante lavoratore, dimenticato custode della Terra. L’esecuzione del disco si conclude con “Quello che accadrà”, ballata di un lirismo contagioso dedicata all’amico recentemente scomparso Vittorio De Scalzi.

Il disco dal vivo vibra di una calorosa freschezza grazie agli arrangiamenti di Pepe Gasparini, che sul palco suona il basso intrecciandosi alla inesorabile ritmica del batterista Gianni Brunelli.

Il giovane chitarrista Pietro Franzosi padroneggia la scena e i riff come stesse lì da decenni, clamoroso il suo assolo impeccabilmente riprodotto in “Hotel Bella Italia”, traduzione che Ongaro ha tratto da “Hotel California” degli Eagles. Anche nella manciata di brani del passato repertorio suonati nella seconda parte del concerto e nei bis, quali “Dio è altrove” “Solitari”, “Non le importa”, hanno avuto ruolo determinante le voci femminili di Jessica Grossule e Lucia Corona Piu, sirene dalle ammalianti armonie che confermano la validità della scelta orchestrale, puntata sulle voci umane anziché su sintetizzatori e tastiere.

Ultimo bis, a incorniciare una serata perfetta, la riproposizione vivida del brano che dà il titolo all’intero progetto: “La spia che ti amava”. Il rock ‘n’ roll della Spia.

Reportage: Fabio Antonelli | Foto: Stefania Tramarin