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“Grandissimo”, il greatest hits che celebra la fortunata carriera di Irene Grandi

“Grandissimo” è il greatest hits che celebra la fortunata carriera di Irene Grandi, lunga 25 anni.

Oltre ogni limite temporale, la cantante fiorentina volteggia fra sperimentazione e flashback, permettendoci di ritornare ad estati torbide e lontane, a viaggi mal pianificati ed a qualche bacio tenero e fugace.
L’album è un’autobiografia, scritta a cuore aperto e ripartita su tre differenti livelli sonori: sul primo di essi si innestano cinque brani inediti, sul secondo sei successi riarrangiati e sul terzo, infine, cinque rivisitazioni live.

Il disco si apre con “Lontano da me”, brano dalle tinte pop rock, in pieno “stile Grandi”, in cui la cantante fiorentina evade da se stessa, senza una meta prefissata, introducendoci in questo suo viaggio dei sentimenti, fra corse spensierate e squarci di cielo chiaro.
Il basso distorto lascia rapidamente spazio alle atmosfere intimiste di “Quel raggio nella notte”, brano che si traduce in una romantica dedica d’amore (“tu, tu mi fai vedere il sole in un mondo che non mi illumina più, tu che con le parole hai trovato un senso al vuoto dentro me, al vuoto dentro me“).
Segue “I passi dell’amore”, singolo apripista di questo ambizioso progetto: in una stagione scandita dal reggaeton latino e dal pop rap, Irene Grandi ritorna con un brano folk pop, senza dunque ambire allo scettro del tormentone estivo, e si lascia travolgere dalla magia dell’inaspettato e dalla fiducia nel futuro, oltrepassando il muro della rassegnazione e dell’ostinazione (“c’è chi ha perso la sua guerra ad ogni logica, chi è finito contro un muro solo per la verità“). La quarta traccia è “Sono qui per te”, ricamata su un blues elettrico ed al contempo delicato, funzionale al messaggio di conforto che si prefissa (“…e giù dal soffitto una melodia ora ti accarezza e viene qui a cercarti, ma dall’eco di una nota non arrivo ancora a te. E fa male, ma è normale. Io sono qui per te, anche se non dici niente”).
Lascia, però, rapidamente spazio all’intensa “Accesa”, titolo che risulta ossimorico se comparato alle cupe atmosfere entro cui si articola: l’animo rock di Irene vibra in un’immensa orbita circolare, tracciata da interrogativi irrisolti e lancinanti attese.

Si passa, ora, alla seconda parte del disco, dedicata ai duetti. Ad inaugurarla è una cover di “Time is on my side”, celebre pezzo di Kai Winding, che vede la voce della Grandi fondersi con quella di Sanada Maitreya, ai più noto come Terence Trent D’Arby, in un piacevolissimo boogie-woogie che ci riporta ai club della prima metà degli anni Sessanta. Segue “Alle porte del sogno”, impreziosita dal malinconico tocco di Carmen Consoli, che leviga il tono decisamente rock della versione originale, dinanzi al quale è difficile non essere emotivamente coinvolti. Sulla stessa, lacrimosa, scia si sviluppa “Un vento senza nome”, ballata raffinata, che fa pensare agli affetti più lontani, alle navi che attraversano i tramonti di fine estate. Questa raccolta vede la partecipazione di Fiorella Mannoia, che risulta, però, poco incisiva. Dispiace.

Si passa, poi, ad “Amore, amore, amore, amore”: accarezzata dal bagliore della Luna e coadiuvata dal dolce pianoforte di Stefano Bollani, Irene canta Mina. L’atmosfera si infiamma, poi, con “La tua ragazza sempre”, accompagnata dal graffio di Loredana Berté, regalandoci una chicca pop rock da cantare a squarciagola. A chiudere il ciclo dei duetti è un revival indie rock: “Un motivo maledetto”, singolo di debutto della cantante toscana, cantato assieme a Levante.
A seguire, un mini live decisamente suggestivo: si comincia con “Lasciala andare” e si passa, poi, per il nostalgico soft rock de “La cometa di Halley” e di “Prima di partire per un lungo viaggio”, fino ad arrivare a “Bruci la città”, rabbiosa e sensuale, ed alla celeberrima “Bum bum”. Questa terza ed ultima parte del disco ci mostra un’Irene matura, sia dal punto di vista vocale che musicale, un’Irene che continua ad osare e che si destreggia sapientemente fra i generi più disparati, senza cedere alla banalità delle logiche commerciali.

Vincenzo Parretta