Si è aperta ieri la quinta edizione del “Roma Brucia”, il festival di due giorni, che vede esibirsi le migliori band romane nell’incantevole location di Villa Ada.
Dal tramonto fino a notte inoltrata un tripudio di musica che ha animato ed animerà il weekend di Roma. Due palchi, quello principale intitolato a Nerone e quello minore Lake Stage, e oltre 20 artisti di diversi generi musicali con in comune solo la “romanità”, di nascita o acquisita.
La serata di ieri, dopo l’apertura di John Canoe e Lucio Leoni, vede sul palco Nerone la performance di Giancane, in arte Giancarlo Barbati, chitarrista del gruppo romano Il Muro del Canto.
La festa inizia. Eh già, perché Giancane ci porta subito in un’atmosfera folk affrontando però il mondo con un disarmante cinismo. Uno di quei cantautori che ti costringe a guardare la realtà così com’è, diretta e cruda, ma terribilmente vera, il tutto in una cornice “festaiola” degna della migliore musica popolare romana. Perché Giancane non sembra voler annoiare con i soliti piagnistei della società contemporanea, ma fa cantare e ballare a squarciagola tutte le frustrazioni di questo mondo quasi con una vena catartica.
Roma è presente e si sente, la Roma popolare e autentica e continua a sentirsi con l’artista successivo.
Genere e realtà totalmente diversi che però mostrano nella loro totalità i diversi spaccati della Roma di chi la vive da dentro, con tutto l’odio e amore che questa città riesce a trasmetterti.
Arriva così Lucci, leader della crew Brokenspeakers facendoci immergere nel mondo hip hop underground romano. Il suo obiettivo, infatti, è chiaro: portarci nel rap autentico, quello fatto per strada, sudato, reduce di tanti live e lontano dal genere commerciale che oggi è tanto in voga. Presente da più di dieci anni sulla scena rap con diverse collaborazioni e da meno tempo come solista, non si nasconde dietro falsi miti o costruzioni forzate. Lucci canta sé stesso e la sua Roma. E parlando di hip hop romano non poteva non esserci uno dei fondatori di questo mondo. Entra così Danno dei Colle der Fomento, uno di quelli che vent’anni fa ha messo le fondamenta in un genere che all’epoca veniva praticato da pochi e ascoltato da altrettanti. Oggi il rap è commerciale come il pop ed artisti così ci ricordano dove è nato e da dove viene. D’obbligo perciò il ricordo all’amico e storico collega Primo Brown, morto nella notte di Capodanno di quest’anno.
Il live non è ancora concluso, anzi la platea si riempie ed attende Calcutta, headliner della prima serata. Nel giro di poco tempo il cantautore romano si è fatto molta strada, come dimostra il pubblico scatenato che canta ogni sua canzone a memoria.
Con un tocco decisamente hipster Calcutta ci mostra un ulteriore lato del cantautorato romano. In questo caso “la partita” si gioca a colpi di visualizzazioni; video che diventano popolarissimi su Youtube con milioni di views. È la nuova generazione di produttori e consumatori di musica e questo Calcutta sembra averlo capito bene. Nel live ricorda però più la vecchia generazione di cantanti forzatamente dannati e fuori dagli schemi. Calcutta, infatti, il più delle volte non bada troppo a giustificare i suoi testi inventandosi significati profondi che lui stessi ammette di non esserci. Se ti piace lui è così ed il pubblico sembra apprezzare.
La serata continua con dj set vista lago tutto made in Rome.
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Arianna Orlando