I FASK arrivano ai Magazzini Generali dopo un lunghissimo tour che non ha logorato bensì oliato, nonostante i ritmi pazzeschi, i meccanismi di una delle band che negli ultimi anni è stata di plasmare un album culto del rock underground italiano: Alaska.
Il Forse non è la Felicità Tour è stata sicuramente la conferma di un percorso importante iniziato anni fa che è stato capace di raccogliere tante frange di un pubblico sempre più innamorato della band di Perugia.
Ripartire dopo il 2014 non sarà stato facile ma ogni cosa è stata fatta nel modo giusto e anche in questo 2017-2018 è stato costruito un tour pieno di energia, anche se definire in modo così semplice questo concerto, e affidarsi solo all’energia, è riduttivo.
Sul palco c’è il culmine di un amicizia, la marea umana che spinge a ritmo di pogo (in Italia c’è ancora qualcuno che ci riesce a far pogare) è la prova di questa unione che va ben oltre i dischi, la musica e i live.
Il concerto è una grande rappresentazione di commedia umana, per parlare come un naturalista francese; c’è tanta gente che vuole essere parte di quello scambiarsi la pelle a ritmo di pezzi nuovi, provenienti dal disco Forse Non è La Felicità, fino ai brani “storici” di Hybris.
La differenza tra pubblico e band svanisce in più occasioni, dal lancio dalla balconata dei Magazzini Generali al passaggio tra la folla per arrivare al bar.
Più volte Aimone, leader del gruppo, chiede al pubblico un forte sostegno che è sempre puntuale e devastante, le transenne del locale ne sanno qualcosa.
Il dolore, le passioni, l’inquietudine della provincia sono le basi che danno quell’elettricità atomica: loro sono i Fast Animals and Slow Kids e vengono da Perugia ma con questa forza si conquista il mondo, non solo Milano o le provincie italiane.
Brandon Hobson in Where The Dead Sit Talking fa parlare così uno dei suoi personaggi: “Something inside me ached, like being held underwater and straining for breath” e il protagonista del libro è essenziale per capire il live: sforzarsi di respirare, il dolore nel petto dovuto a tutta quella potenza che deflagra anche in canzoni come Coperta, la quiete dopo un concerto di due ore circa.
In una notte di rabbia e passioni c’è il non saper dove andare di una generazione, la mia.
La risposta migliore che riesco a darmi, come appartenente ad una generazione, è quella di capire quanto sia importante stringerci, fonderci e diventare una cosa sola con le persone e cose che amiamo. Verso l’uscita prima dell’ultimo pezzo e dopo A Cosa Ci Serve ho visto una coppia che si stringeva e piangeva, in quell’unico spazio vuoto della sala loro due abbracciandosi stavano compiendo esattamente il destino di una serata del genere: stringersi e lanciarsi verso ciò che più si ama, i FASK l’hanno fatto travolgendo e abbracciando letteralmente il pubblico.
Una band deve essere come una città in trasformazione, ogni volta che vedi un concerto c’è bisogno sempre di qualcosa di diverso ma il sapore, l’odore della musica deve avere lo stesso profumo: quello di casa.
Gianluigi Marsibilio | Foto di Copertina: Federica Dell’Isola