E sinceramente lo aspettavamo, Daniele.
Si perché, la partecipazione al Festival di Sanremo (assieme all’ottimo Rancore ndr), non poteva ovviamente rimanere episodio isolato per un’artista romano che, dopo “Acrobati“ (2016 ndr), torna nuovamente a “non stupire” con un album che, come da tradizione, nulla toglie ai precedenti spalancando, semmai, ancor di più quella finestra attraverso cui sbirciare il bel vasto universo che, oggi più che mai, pare dar libero sfogo (e spazio) al rap così come anche alle consuete ballate d’amore.
E la complessità e la vastità del mondo raccontato in questa nuova opera (pubblicata il 3 maggio per Sony Music ndr) è riconoscibile anche e soprattutto nella singolare scelta di dividere in tre differenti aree tematiche, sei dei quattordici brani che danno forma e sostanza all’intero album.
E allora eccoli i sei singoli che, udite udite, non sono stati come consuetudine inseriti in tre EP ma, bensì, in tre 45 giri dal gusto vagamente retrò dei quali, i primi due, hanno anticipato di fatto l’uscita dell’album:
Dai tratti squisitamente dance, la prima sfera tematica (e musicale) indagata: quel Vol. 1: Dance pack che, attraverso i pezzi Tempi modesti e Complimenti ignoranti, affronta questioni di stretta attualità come, ad esempio, il mondo dei social e la cinica logica dei “like” (in Tempi modesti, Daniele duetta con l’ex partecipante ad X-Factor Davide Shorty ndr) così come anche la riduzione delle distanze tra cantanti e fan nell’attuale epoca digitale.
Nel Vol. 2: Rap pack contenente i brani Bliz gerontoiatrico e, per l’appunto, Argentovivo al centro troviamo quell’universo rap che, anche se apparentemente distante anni luce rispetto alle logiche Silvestriane, in realtà rafforza la tesi che vede, in Daniele, la voglia di sperimentare e crescere essere logica e naturale conseguenza di un percorso artistico lungo, ormai, 25 anni.
L’unico 45 giri pubblicato, invece, dopo l’uscita dell’album – il Vol. 3: Love pack che racchiude i brani Prima che e L’ultimo desiderio – chiude di fatto la trilogia nella più classica delle maniere e, cioè, parlando d’amore. Quell’amore che, fin dalla notte dei tempi, rappresenta la vera ed assoluta chiave di tutto.
Insomma, se con “Acrobati” Silvestri sperimentava la voglia di vestire i panni di funambolo per camminare sospeso a mezz’aria, con questo nuovo lavoro Daniele dimostra di voler tornare ben saldo coi piedi per terra analizzando tematiche che, spaziando dalla politica all’attualità, finiscono per essere sapientemente amalgamate in un contenitore di stili e generi diversi, a testimonianza della ormai piena maturità artistica del cantautore romano.
Il tutto, col chiaro intento di indagare i molteplici cambiamenti del mondo e, perciò, della musica ad esso associata che, a ben guardare, non fanno altro che confermare ancora una volta – e semmai ce ne fosse ancora realmente bisogno – l’autenticità e la classe di Daniele Silvestri, poeta ribelle in un universo di cloni.
Bruno Pecchioli