Quello organizzato da Daniele Silvestri per il suo concerto al Rock in Roma non è stato un semplice concerto, è stato un amarcord dei venti e più anni di carriera del cantautore romano, che ha voluto regalare al suo pubblico una vera e propria festa fra amici.
Così, durante le due ore di live si sono succeduti brani vecchi e nuovi e tanti amici e collaboratori che nel tempo hanno accompagnato Daniele Silvestri sul palco e in studio.
Ammetto che erano anni che non vedevo il cantante esibirsi live, e l’ultima volta era al chiuso in un locale relativamente piccolo (la buonanima del Circolo degli Artisti) con una lineup di musicisti decisamente basica e ho notato che rispetto ad allora Silvestri strizza un po’ di più l’occhio ai suoni caraibici. Le chitarre ci sono eh, e anche affidate ai bravissimi Adriano Viterbini e Daniele Fiaschi, tuttavia rimane sempre un sound sudamericano di fondo, che dal vivo rende benissimo.
Del resto i musicisti sul palco sono tantissimi, così come tantissimi sono gli ospiti che si alternano sul palco, da Lillo di Lillo & Greg per l’intro di Pino (fratello di Paolo) a Andrea Leuzzi degli Otto Ohm, fino ai musicisti che nel tempo hanno accompagnato Daniele: Simone Prattico, batterista con Silvestri sin ai tempi del liceo, il bassista… Emanuele Brignola ed il chitarrista Maurizio Filardo.
Come detto questo concerto ha lo specifico intento di essere una carrellata sul percorso artistico del cantautore romano e sulle sue mille sfumature. Si passa così dai testi più leggeri (Amore mio, il Flamenco della doccia, Le cose che abbiamo in comune, accompagnato da un video di un vecchio Festivalbar in cui Daniele non cantò limitandosi ad alzare dei cartelloni) a quelli socialmente più impegnati (L’Appello, L’uomo col megafono, pezzo anticipato da un breve video di un Silvestri giovanissimo al festival di Sanremo). Anche i ritmi spaziano attraverso tutto il repertorio di questi venti anni di musica passando dalle sonorità più classiche (A me ricordi il mare) a quelle più rock (Datemi un benzinaio) a quelle sudamericane (la cui migliore espressione rimane La Paranza)
La scaletta, insomma, permette perfettamente di comprendere perché in tutti questi anni Daniele Silvestri non abbia mai perso in solidità artistica e musicale. Nonostante i contenuti e i ritmi eclettici ha mantenuto sempre quella sua ironia di fondo sia parlando di amore che toccando temi più seri, accompagnata da puntuali stoccate quando si tratta di affrontare temi socialmente più impegnati, dimostrandosi uno dei migliori cantautori italiani degli ultimi anni.
L’intento di voler organizzare una festa, dopo aver accolto tutti nella propria casa in apertura di concerto si dimostra perfettamente riuscito.
Il pubblico è un ospite curato e coccolato e la sensazione è che Daniele, in qualità di padrone di casa, su quel palco ci si stia veramente divertendo, tanto da non rendersi conto di aver clamorosamente sforato con i tempi della scaletta e vedendosi costretto ad accorciare il concerto di una buona mezz’ora.
Ovviamente il piede sull’acceleratore non può però andare a discapito del gran finale.
Ed ecco così che si succedono Kunta Kinte (che, permettetemi la digressione personale, dal vivo è veramente magnifica ogni volta) e Salirò, con un meraviglioso Lillo a rivestire meravigliosamente il ruolo del ballerino esagitato.
Immancabili in chiusura Testardo (nota di colore: su “l’anima de li mortacci tua” urlata dal pubblico romano con immancabile braccio alzato di accompagnamento ho visto gli irreprensibili poliziotti addetti al servizio d’ordine esplodere in una risata bellissima) e Cohiba.
Grazie Daniele per la bella festa, la prossima volta devo ricordarmi di portarti almeno una bottiglia di vino per ringraziarti dell’ospitalità.
Foto: Federica Dell’Isola