Fuori, in fila, mentre aspetto di entrare e sedermi, un gruppo di ragazze si assicura di aver portato i fazzoletti, mi intrometto e chiedo il perché, gentilmente mi rispondono che le emozioni che Damien trasmette in concerto sono tante, le lacrime sono difficili da gestire e si piange facilmente. Non sono scettica, ma per natura so che è difficile riuscire ad emozionarmi a tal punto, quindi sorrido e auguro alle ragazze un buon ascolto.
La Cavea è gremita, neanche un posto vuoto nonostante i tanti eventi che in questo sabato di Luglio rendono ricca l’estate romana. Finalmente il piccolo irlandese sale sul palco e senza luci, senza band, solo con la sua chitarra inizia il suo concerto. Le note dolci di OLDER CHEST ci prendono per mano e ci accompagnano nel mood della serata che è subito un crescendo, perché il “folletto” ci regala una particolare interpretazione di CANNONBALL che dona a tutti i presenti primi brividi di questa splendida serata.
E’ solo con 9 CRIMES che Damien, accompagnato da una splendida aurora boreale alle sue spalle, uno dei pochi giochi di luci che arricchiscono questa sua esibizione, comincia a scatenare tutta la sua energia. D’altra parte la sua musica ed il suo talento non hanno bisogno di artifici per catturare l’anima del pubblico, siamo tutti lì per lui, in silenzio, con la brezza di Roma ad accarezzarci la pelle, a godere di ogni nota che esce dalle sue dita.
Parla con noi, scherza sulla temperatura infuocata che c’è a Roma, è simpatico e ci racconta come sono nate alcune sue canzoni, della sua infanzia nell’Irlanda povera di quando era bambino, di pulsioni sessuali, spermatozoi e senso di colpa. Ci parla di amici giudicanti e di come rispondere a tono sia difficile, ma che grazie alla musica si può trovare sempre un a valvola di sfogo ed un mezzo per rispondere anche se si è troppo timidi.
Ci regala lunghi finali ad ogni canzone dove le sue doti di polistrumentista si intrecciano alla sua capacità di vivere la solitudine sul palco esorcizzandola come solo un “one man band” sa fare. Questo ragazzo sa accompagnarsi e non ha bisogno di nessuno, in lui vive una vera e propria orchestra, riempie il palco e lo fa suo con la naturalezza di chi è nel proprio ambiente.
Ci rapisce con le sue parole e la sua musica al punto che ci lascia increduli quando abbandona per qualche minuto la scena, è già arrivato il momento dell’encore. Tutti aspettiamo il suo ritorno sulla scena continuando a battere incessantemente le mani, ed eccolo che torna, il pubblico del parterre si avvicina, si siede a terra e come intorno ad un falò ascoltiamo la sua COLOUR ME IN. Il gesto spontaneo degli uditori viene accolto da Rice con affetto e ci regala una splendida THE BLOWER’S DAUGHTER (ndr indimenticabile colonna sonora del film “Closer” di Mike Nichols) che l’Auditorium canta con lui in un’unica voce, in un grande abbraccio.
Ci invita addirittura a salire sul palco, nessuno se lo fa ripetere ed in pochi minuti è circondato dai fan che diligentemente si siedono ai sui piedi che a pochi centimetri da lui si godono il finale con una versione acustica di VOLCANO.
Alle 23 in punto il folletto irlandese ci scioglie dal suo incantesimo, si torna a casa, ma il cuore è ancora lì con lui e la sua chitarra, le lacrime non sono arrivate, ma intorno a me tutti hanno sicuramente avuto la pelle d’oca.
Francesca Romana Piccioni
SET LIST
- Older chest
- Cannonball
- 9 crimes
- The box
- What if I’m wrong
- Trusty and true
- The professor & la fille danse
- I remember
- The greatest bastard
- Elephant
- It takes a lot to know a man
- ENCORE:
- Colour me in
- The blower’s daughter
- Volcano ( acustica con il pubblico con lui sul palco)