Danilo D'Auria LIVE REPORT

Con Yann Tiersen all’Auditorium Conciliazione di Roma, viaggio sognante di una notte sull’isola di Ushant

Se in un concerto è possibile immergersi come in un sogno e lasciarsi guidare solo dalla musica, questo è quanto accaduto ieri sera all’Auditorium Conciliazione con Yann Tiersen

Se in un concerto è possibile immergersi come in un sogno e lasciarsi guidare solo dalla musica, questo è quanto accaduto ieri sera all’Auditorium Conciliazione nei novanta minuti che Yann Tiersen ha dedicato al pubblico romano che ha affollato la sala, sold out, per questa seconda e unica data italiana. Dopo il successo di pubblico al Teatro Regio di Parma la scorsa primavera, anche in questa occasione autunnale Tiersen entra in scena tra gli applausi e ne esce con un’ovazione – tanto che il previsto “bis”, triplica.

A Roma, come a Parma, il compositore e polistrumentista – ma oserei dire soprattutto, pianista – ha portato una serie di brani per pianoforte e violino, proponendo in particolare l’ascolto delle nuove composizioni per piano, non ancora registrate e raccolte nel suo nuovo libro di partiture “EUSA”: più che un titolo, una meta, quella dove la platea è stata trasportata ieri sera. Tradotto dal bretone, Eusa sta per Ushant, l’isola di cui l’artista è nativo, nella regione della Bretagna, sul limitare del canale della Manica. Così il pubblico, indossa idealmente l’abbigliamento più adatto, cappello, scarpe comode e intraprende il cammino su questo territorio affascinante, battuto dai forti venti e dalle tempeste, evocato non solo dalle note ma anche e soprattutto dai suoni in presa diretta. E’ lo stesso artista a dichiarare infatti che “l’idea è stata quella di realizzare una mappa musicale dell’isola e per estensione, di chi sono”; e che è impossibile dissociare l’esecuzione dai brani, dai rumori naturali che la accompagnano. E a fine concerto, possiamo dire che lo scopo è stato raggiunto! Complice una scenografia ad hoc. Sul palco, il pianoforte e il pianista che ha letteralmente “puntato” alle sue spalle un registratore di quelli ormai d’epoca, sormontato da due grandi bobine, che, appunto, riproducono le registrazioni in presa diretta. Cinque le luci nel buio: tre piccoli fari, a destra, sinistra e al centro del palco – quest’ultima sul proscenio ad illuminare due deliziosi “toy piano”; e due lanterne dalla luce rossa di cui una sospesa esattamente sulla testa del pianista, lì dove nasce l’ispirazione che poi dal buio del palco inonda la platea emozionandola. Non c’è che dire: l’atmosfera, eterea e rarefatta, è quella umida, salmastra, affascinante delle nottate bretoni o inglesi o di quei luoghi quasi sconosciuti ai mediterranei, che non conoscono la forza dei venti e del mare del Nord, come dell’oceano. E non possono che lasciarsene rapire.

E tutto questo scorre con le note sulla sua tastiera. Nelle nuove composizioni del polistrumentista francese, ci sono le onde che crepitano sulle coste alte e frastagliate di Pern, l’acqua che più dolcemente lambisce Porz Goret – singolo registrato e disponibile anche on line- gli uccellini che cinguettano sulle campagne di Lok Gweltaz, e, ancora, i gabbiani che sorvolano le coste rocciose di Yuzzin dove si sente l’eco roboante del mare in tempesta. Luoghi che sono ovviamente anche titoli dei brani. Nel live di Tiersen ieri sera c’era tutto questo tradotto in composizioni che effettivamente raccolgono e tracciano la maturità di un artista che, è il caso di dirlo, ha attraversato ampi territori musicali dall’esordio del 1995 con La Valse des Monstres (che esegue sul piccolissimo piano giocattolo), e i successivi Cascade Street e The Lithouse (l’isola di Ushant è famosa per i suoi fari, dislocati in posti strategici data la pericolosità di quel trafficatissimo, tratto di mare n.d.r.) a Skyline del 2011 e Infinity:   ha toccato, e oggi fuso nel suo personale stile, il folk tradizionale, l’elettronica, la musica classica che guarda a Satiè come a Rota, con quegli echi che gli valgono un meritato posto tra i compositori di musica per il cinema, ma anche ai contemporanei Wim Mertens o Philippe Glass.

Ieri sera hanno trovato spazio in scaletta anche brani più noti come Sur le file, del ’98 e altri dalla colonna sonora del film e album Tabarly, ma non Le valse d’Amelie. E nonostante qualcuno sotto sotto l’avrebbe voluto risentire dal vivo, perché è pur sempre uno dei brani che gli ha valso un importante balzo in avanti della sua carriera, nessuno è uscito scontento dalla sala e all’accendersi delle luci, ci si è risvegliati piacevolmente appagati da questo sogno intenso di 90 minuti.

Sara Cascelli | Foto: Danilo D’Auria