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BIG DEGA: “REBOOT” un riavvio a testa alta con tutta la forza evocativa dell’hip hop

Si intitola REBOOT il nuovo album del rapper e producer salentino Big Dega. 15 tracce per raccontare una storia di ripartenza, un reset e riavvio con un decisivo cambio di vita e prospettive, da Lecce (città natale dell’artista) a Bruxelles, senza mai perdere la vena artistica ed il contatto con le proprie origini e la propria fonte d’ispirazione culturale: quel salento ricco di fermento che sta partorendo artisti di alto livello, protagonisti in erba della nuova scena underground.

Un fresco vento d’innovazione del linguaggio musicale, che troviamo spiccatamente maturo in BIG DEGA e che certamente merita approfondimento e risalto. Parliamone con lui:

– BIG DEGA, come nasce questo progetto musicale? Parlaci delle tue origini…

Ho iniziato ad ascoltare rap da piccolo, qualche anno dopo ho voluto provare a comporre i primi beat e frequentare le jam di freestyle della mia zona. Nel 2012 e nel 2016 ho prodotto due album in collaborazione con l’etichetta Sud Est Records; nel 2018 e nel 2020 ho autoprodotto due volumi della mia serie di mixtape “HOME”; nel 2021 ho firmato tutte le produzioni di “TERRA SENZA LEGGE” di Zeboh e Uzi el Cuervo e ho realizzato “REBOOT”, il mio nuovo disco.
Un titolo che vuole riferirsi ad una sorta di ripartenza, che coincide anche con il mio trasferimento dal Salento a Bruxelles.

– Sfogliando la tua biografia ed ascoltando i tuoi brani, tante sono le collaborazioni con colleghi di “calibro” e dell’underground hip hop… Come sono nate queste collaborazioni, e quali ti hanno aiutato a crescere come artista?

Sono nate nella maniera più naturale possibile, semplicemente per il piacere di fare un pezzo insieme. Tutte le collaborazioni sono servite a farmi crescere, anche perché vivo il rap sia come una forma d’arte che come una specie di sport, e se ci si allena insieme si migliora più velocemente.

– Reboot, questo il titolo della tua ultima produzione. Un album ruvido, con un sound asciutto e beat ipnotici. 15 tracce tutte realizzate con estrema cura e la ricerca di un nuovo “linguaggio” interpretativo. Vuoi parlarcene?

Ho voluto dare a quest’album un’impronta il più possibile personale ed omogenea, cercando di mischiare, nel modo migliore possibile, la mia passione per il lato tecnico del rap con la mia voglia di comunicare dei concetti ben precisi.
Nel disco c’è uno storytelling, “Riot”, diviso in quattro parti: in questo caso, il lato più tecnico delle strofe viene leggermente meno per lasciare spazio alla chiarezza del racconto. In altri pezzi mi sono invece divertito a giocare col flow e gli incastri, evitando però di scrivere frasi riempitive, cercando di dare comunque il giusto peso ad ogni barra.

– Quale filo conduttore lega le 15 tracce del tuo nuovo album?

Ricominciare da capo, mettere in dubbio le mie convinzioni, un pizzico di rancore nei confronti di ciò che in Italia non funziona: questi gli ingredienti principali di “Reboot”, che rappresenta appieno ciò che avevo in testa durante l’intenso periodo di lavorazione del disco.

– Approfondiamo questa tua ricerca musicale. Tu provieni dal panorama musicale salentino, che certamente rappresenta al momento un “centro” ricco di fermento artistico. Una nuova frontiera per nuovi linguaggi musicali… Cosa sta maturando nella tua terra d’origine? Si può parlare di una “scuola musicale salentina” legata a stretto giro con l’hip hop?

Certamente! Ci sono un sacco di artisti nel Salento che per fortuna si allontanano dallo standard radiofonico e si può parlare di rap salentino. Bisogna solo saper cercare e non accontentarsi della superficie.

– Come potrà evolvere la tua musica? E quali progetti hai in cantiere per il futuro?

Mi piacerebbe concentrarmi su un concept album da producer con numerosi ospiti, e in questo progetto dedicare tutta la mia attenzione ai beats.