INTERVISTE

Anni ’80, amore e videogame: benvenuti nella SALA GIOCHI di Filippo Graziani [INTERVISTA]

Abbiamo chiamato Filippo Graziani per farci raccontare il suo nuovo lavoro “Sala Giochi” e come si conviene ad un luogo del genere si è parlato tanto di trash, anni ’80, videogiochi e delle sue influenze che lo hanno portato a trovare un suono completamente nuovo.

– Hai deciso di chiamare il tuo disco Sala Giochi, ma quali erano i tuoi giochi cult?

Street Fighter è stato in assoluto il mio preferito, più in là ho cominciato a giocare con Metal Slug e anche ad altri giochi, ma comunque Street Fighter rimane il favorito.

– Nel tuo disco si parla di amore, lotte e conquiste all’interno di una Sala Giochi. Qual è il nesso principale in questa contraddizione?

La Sala Giochi fa parte di un universo d’infanzia, le contraddizioni fanno parte dell’amore e questo luogo è una metafora, un contenitore della vita fatto di odio, amore, rabbie. Con questa visione cerco di creare un immaginario di un luogo, semplicemente collocandolo in un contesto.

– Personalmente ti ho visto in live una volta a Guardiagrele, in un set chitarra e voce. Il tuo approccio mi è sempre sembrato molto legato alla chitarra e ad un set acustico, il disco però è leggermente diverso da questo, com’è cambiato il tuo modo di vedere il live

In realtà i miei live sono ancora molto legati alla chitarra e al set acustico, ma in questo disco ho lavorato molto al piano: quando si cambia strumento si cambia però attitudine rispetto alle canzoni, dal vivo io continuerò a suonare la chitarra e solo poche volte suonerò il piano. Se posso cerco di togliermi la soddisfazione di cantare e basta, senza preoccuparmi degli strumenti.

– Chi ti ha ispirato di più questa svolta?

Nel disco vecchio c’era molto di elettronico, la percezione che avevano di me era più rock. In realtà però c’era già qualcosa di elettronico e strutturato così, oggi non ci sono più i chitarroni e magari abbiamo aggiunto sintetizzatori e campionatori, ma questo mondo c’era già. Sala Giochi è una prosecuzione di una via che avevo già intrapreso nel primo lavoro. Io personalmente mi ispiro tanto ai compositori di musica da film, da Badalamenti a Moroder: adoro tutto questo mondo, oggi ci sono anche molti nuovi nomi validi che si stanno ispirando agli anni ’80 con l’uso di synth. Mi piace ascoltare di tutto e non mi fisso troppo su una cosa.

– La cultura si sta muovendo nuovamente verso gli anni ’80, ma non trovi che questa cultura possa essere molto legata al trash?

In realtà il binomio trash-anni ’80 lo possiamo vedere ora: quando allora uscivano determinate cose non c’era questa percezione. Io non ho vissuto in pieno questo periodo, ma se vai a riguardare i film tipo Yuppies, Vacanze di Natale, ovvio che identifichi questo con il trash, ma è soltanto una questione culturale. Non ci si aspettava l’iperrealismo di oggi, anche nell’horror e nei film negli ’80 c’era questo sguardo più ironico

– Con il tuo primo album ti sei aggiudicato il Tenco: quanto contano i premi nella musica? Con quale spirito ci si rimette al lavoro dopo un riconoscimento?

I premi in quanto tali non contano nulla, ma il bello di quel premio Tenco è che si è trattato di una vera sorpresa: personalmente non sento di appartenere a quel mondo cantautorale, io e Brunori, ad esempio, siamo su due pianeti diversi musicalmente. Mi ha fatto piacere che i giornalisti, che fanno la bellezza di quel premio, abbiano apprezzato il lavoro, la targa ora è al sicuro sopra al camino. Non bisogna dare troppa importanza ai premi, non ci sono diplomi della musica, i premi bisogna prenderli per quello che sono e apprezzarne la bellezza, ad esempio grazie al Tenco, io ho visto il soundcheck di Crosby ed è stato un vero premio nel premio. È stato bello vedere apprezzato il mio lavoro e tutto ciò ha accresciuto il senso di responsabilità nei confronti di Sala Giochi.

– Cosa ci sarà in estate per la promozione di Sala Giochi?

Non ci sarà un tour vero e proprio per ora, in estate ci saranno appuntamenti e date: il mio desiderio è quello di riportate dal vivo il disco esattamente per come l’ho pensato. Ovviamente senza troppa precisione e fedeltà negli arrangiamenti.

Gianluigi Marsibilio *