DISCO: GERMI
BAND: AFTERHOURS
LABEL: VOX POP
ANNO: 1995
Erano gli anni novanta. Ed anche se in giro per il mondo avevano i Queen, i Nirvana, i Metallica, i Green Day, ad onor del vero, erano gli anni novanta pure in Italia: checché se ne dica, erano gli anni d’oro per artisti come Ligabue, Pino Daniele, Giorgia, Gianna Nannini, Fiorella Mannoia, Gianluca Grignani. Al di là del de gustibus non est disputandum, insomma, di certo non “robetta”.
Nel ’95 però, da un’etichetta milanese indipendente che avrebbe chiuso i battenti di lì a poco, la Vox Pop, uscirà un disco, dal titolo già quantomeno curioso, Germi, partorito da una band che difficilmente avrebbe trovato una collocazione all’interno delle compilation blu e rosse del Festivalbar: già questo, per gli anni novanta, era una strana rivoluzione.
Loro sono gli Afterhours. Il nome della band deriva dall’omonimo brano dei Velvet Underground, scritto da Lou Reed nel 1969, gruppo molto amato da colui che diventerà una delle personalità più influenti nel panorama musicale del rock indipendente italiano: il cantante Manuel Agnelli. Quella fetta di pubblico, ancora ristretta, che segue gli Afterhours già dalla fine degli anni ottanta, è del tutto spiazzata: dopo ben tre album in inglese, che sembravano quindi ormai aver messo nero su bianco gli intenti di Agnelli e soci, l’uscita di un disco come Germi, il primo che segnerà la svolta definitiva a favore della lingua italiana, è un sovvertimento non da poco.
Il sovvertimento in questione non concerne solo la lingua: si estende a qualsiasi logica di mercato musicale presente all’epoca, a qualsiasi sorta di stile, di sound, di personalità artistica, di intenzione. Germi è un disco sporco e distorto, tuonante, maledettamente elettrico, meravigliosamente rumoroso. Bellissimo.
È un disco che rivolta le concezioni tradizionali di rock e rivolta l’anima. È il germe, per l’appunto, di ciò che caratterizzerà gli Afterhours nei dischi a venire: è già un concentrato di letteratura, di cinema, di politica, di sociale, di intellettualismo, ma tutto questo è ancora embrionale, unto, fantasticamente, molto precisamente e intenzionalmente confusionale. Brani come Plastilina, Germi, Strategie, Ossigeno, Siete proprio dei pulcini, di lì a pochi anni avrebbero fatto innamorare le masse e le avrebbero fatte urlare all’unisono nei festival musicali più importanti d’Italia.
In mezzo alla massa, una delle innamorate sarà Mina, tanto per dire, che nel suo disco Leggera includerà una sua personale reinterpretazione di Dentro Marilyn, uno dei pezzi degli Afterhours più amati di sempre e ancora oggi fra i più richiesti ai concerti, con il titolo Tre volte dentro me.
Per ciò che concerne lo stile, Germi è il disco del “cut – up”: come spiegherà Agnelli stesso in un libro di dieci anni dopo, Ballate di male e miele, il cut – up è una tecnica letteraria che affonda le sue radici nel dadaismo e che consiste nel demolire un testo scritto e riformare frasi e concetti dai frammenti di ciò che rimane, il che porta a volte ad una distruzione di senso, a volte no. Ma Agnelli comunque, fa molto più di questo. Il manifesto letterario di Germi, chiaramente nel corso di perenni evoluzioni linguistiche, sarà una delle innumerevoli cifre stilistiche che caratterizzeranno i dischi degli Afterhours e i loro live.
Per farla breve, come scrive Agnelli, in Italia, non scrive assolutamente nessuno. I suoi testi, da quelli più smembrati e apparentemente rozzi a quelli più struggenti, da ballata, conserveranno sempre un’elevatezza di stile e bellezza che non ha eguali. Anche nelle cover, come la qui presente Mio fratello è figlio unico di Rino Gaetano, Agnelli e i suoi – all’epoca Giorgio Prette alla batteria, Xabier Iriondo alla chitarra, Alessandro Zerilli al basso e Davide Rossi al violino – attuano una decomposizione e una ricomposizione del testo e dei suoni totalmente personale e scevra di qualsiasi possibilità di assonanza o paragone. Ed è così l’intero album. Testi in italiano meravigliosamente scritti o urlati, come nessuno aveva mai fatto prima, adagiati su suoni che finalmente danno un senso alla famosa dicitura “alternative – rock”: era il 1995 e gli Afterhours avevano dato sostanza a quell’etichetta che sino ad allora era solo forma.
A tutt’oggi, dopo più di due decadi, gli Afterhours sono tra quelle poche punte di diamante, che si contano sulle dita di una mano mutila, a rappresentare la vera risposta all’ambiguo quesito intrinseco di ciò che vuol dire “rock – alternativo”: loro hanno dato vita a quell’alternativa lì, concreta, reale, dissacrante, per la quale noi tutti li ringraziamo.
TRACKLIST “GERMI”:
- Nadir
- Germi
- Plastilina
- Dentro Marilyn
- Siete proprio dei pulcini
- Giovane coglione
- Ossigeno
- Ho tutto in testa ma non riesco a dirlo
- Strategie
- Vieni dentro
- Posso avere il tuo deserto
- Pop
- Mio fratello è figlio unico
- Porno quando non sei intorno
Francesca Amodio